6.10.11

Che fine ha fatto la famiglia?


Ci sono fatti che accadono all’improvviso interrompendo il fluire dell’esistenza,  si insinuano nello spazio vuoto che abbiamo lasciato tra le nostre certezze e le paure.
Sono eventi fortuiti, imprevisti, eppure ci appartengono: sono quella parte di avversità che ci spetta nella vita, e da cui non ci si può sottrarre. 
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Un suono discreto che non avrebbe svegliato nessuno che già non lo fosse sorprende Sabrina a occhi aperti, a fissare il soffitto, concentrata nel menù del pranzo di cui, a dire il vero, conosce ogni portata da giorni. Spegne la sveglia accarezzandola con un dito e riprende a ripassare gli impegni della giornata appena cominciata. Dovrà preparare una torta; le porterà via la gran parte del tempo ma sarà fantastica!
Lei è fatta così; si concentra sulle mansioni pratiche come se non esistesse altro, sottoponendosi a un esame di perfezione senza altri giudici se non se stessa. E proprio da se stessa, dal suo corpo, comincia il meticoloso lavoro di preparazione, lavando via sotto la doccia quel che resta della notte insonne.
 I parenti non arriveranno  prima delle 13, giusto in tempo per il pranzo che Sabrina ha organizzato per festeggiare i 25 anni del suo matrimonio con Nedo. Sua madre si aggirerà per la sala da pranzo con l’aria da gran dama cui nulla sfugge, alternando un complimento a un rimprovero. Sabrina ha imparato da lei tutti i segreti della perfetta casalinga, ma c’è sempre qualcosa che sua madre avrebbe fatto meglio, e certo oggi non tralascerà di farlo notare alla suocera di sua figlia e alle sue cognate, Marta e Maria, due single ultraquarantenni noiose come panni stesi ad asciugare e altrettanto sventolanti convincimenti a proposito della loro invidiabile cognata, alla quale elargiscono lusinghe foderate d’ironia e orlate d’invidia, non avendo, nessuna delle due, neanche l’ombra di un pregio, se non quello presunto di non essersi fatte incastrare dagli uomini che il caso, a volte generoso, ha messo sulla loro strada. 
 
Sabrina sceglie un vestito bianco leggero dalla fila dei vestiti bianchi e leggeri del suo armadio ampio e ordinato, in cui entra religiosamente come fosse una cappella di cui è l’orgogliosa progettista; dalla sistemazione degli abiti per colore e lunghezza, alle affollate quanto organizzate scarpiere, convinta com’è che quello che ci circonda ci assomiglia. Raccoglie i capelli in una coda e scende al piano di sotto.
La casa è ancora silenziosa, come tutte le mattine sarà Sabrina a svegliare gli utensili cominciando dalla caffettiera. Si prepara un caffè che sorseggia davanti alla vetrata della cucina, il verde del prato e le aiuole fiorite le trasmettono sicurezza e serenità. Ama la sua casa che rispecchia l’ordine interiore che sente di aver raggiunto dopo anni di impegno e di dedizione alla famiglia, a patto di non frequentare mai quella parte di se in cui nasconde il rimpianto per le ambizioni personali che ha lasciato ammuffire a vantaggio di quelle di suo marito.

Si erano sposati tredici mesi dopo quella notte in cui Nedo la raccolse dal pavimento, dov’era accidentalmente caduta per colpa dei trampoli e di un paio di martini di troppo in occasione della festa di inizio estate organizzata da Cinzia Baldini.  Lui non era uno del loro giro. Era arrivato alla festa con Fiona, una spilungona alta quanto ricca che di solito si accompagnava a personaggi alternativi e bizzarri, forse per compensare la sua banalità.  Sabrina scoprì che lui era un medico, figlio di commercianti di casalinghi e che si chiamava Nedo Spinelli solo dopo aver fatto l’amore con lui nella biblioteca dei Baldini. Era troppo ubriaca per resistere alla richiesta di un bacio che Nedo le fece in francese. Di statura media, una fronte ampia, un naso discretamente grande, due occhi tondi e marroni che la guardavano da dietro agli occhiali dalla montatura larga e nera non impedirono alla bella Sabrina di innamorarsi di quel ragazzo in cui il senso dell’ironia e l’intelligenza compensavano il suo aspetto fisico anonimo e imperfetto. I primi tempi abitarono nella casa al mare dei suoi, ma presto Nedo riuscì a comprare una casa, tutta per loro e per i figli che sarebbero arrivati. Grazie al lavoro di Nedo, raggiunsero il benessere economico sufficiente per rinunciare all’aiuto dei genitori di Sabrina. Infine, dieci anni prima, avevano comprato la casa che abitavano. Circondata da un grande giardino, con il vialetto di ghiaia che conduceva all’ingresso; aveva tutto quanto si chiede a una casa, tutto quanto Sabrina aveva sempre desiderato.        
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Prima di dedicarsi ai fornelli Sabrina apre il MAC e controlla la posta. Sette nuove mail, ne cestina sei e risponde all’ultima per scusarsi con gli amici dell’associazione culturale: non avrebbe potuto partecipare all’incontro previsto in serata. Promette di consegnare il suo racconto per la settimana successiva. Del racconto ha scritto giusto un accenno di trama e non ha la minima idea di come svilupparla, ma questo non la preoccupa più di tanto, qualcosa, come sempre, le verrà in mente. Chiude il PC e apre il frigo, prende le dodici uova che serviranno a creare il dolce che concluderà il pranzo più amaro della sua vita.

Il rumore del frullatore attraversa il corridoio, sale le scale, supera la porta della camera insinuandosi nelle orecchie di Luna che, scambiandolo per la sveglia, la cerca tastando il comodino prima di capire che la colpevole del fastidioso ronzio è sua madre. Ma che cazzo sta facendo? Cazzo il pranzo! Ricorda all’improvviso di essersi offerta di aiutarla in un impeto di generosità, ovviamente retribuita! Rabbrividisce al pensiero della giornata che la vedrà impegnata a tritare e ad affettare verdure sorvegliata a vista da Sabrina che distribuisce i compiti in cucina con il tono di un generale che ordina alle truppe l’attacco al nemico. Luna detesta lei e la sua pignoleria, perfino un’insalata richiede una coreografia e se sbagli a mettere una fetta di pomodoro storta è capace di buttarti fuori dalla cucina.
Uno sguardo al computer che chiama la sua coscienza, da giorni più sorda di una campana. C’è la tesi che giace ignorata su word, le sembra di sentire il ticchettio di un orologio che marca il tempo da lì alla laurea. Si frusterebbe per aver scelto un argomento così complesso: - ‘La responsabilità penale dello psichiatra per gli atti etero aggressivi del paziente’ – La verità è che sperava nell’aiuto di suo padre, il grande psichiatra, che le ha suggerito uno o due libri dei suoi dai quali attingere informazioni, sostenendo però che gli sembrava abbastanza inopportuno che per la sua laurea in giurisprudenza avesse scelto un argomento che sarebbe apparso sconveniente considerando di chi era figlia. Ma questo non l’ha certo distolta dalla sua idea e la disapprovazione paterna confermava, se mai ce ne fosse stato bisogno, l’incapacità di suo padre di capirla. Il grande psichiatra! Scende le scale passando davanti alla stanza del fratello. - Ecco un’altra vittima dell’amore! –

Eros non si sarebbe alzato neanche se i mille uccelli, tutti con le ali chiuse, raffigurati ovunque nella sua stanza si fossero messi improvvisamente a svolazzare tutti insieme.  Ne ha disegnato uno grandissimo persino sulla volta, è il suo preferito quello, mentre lo disegnava sembrava dotato di vita propria; aveva persino tentato di spiegare le ali e di allontanarsi in volo dalle sue dita. Ma lui era riuscito a domarlo dotandolo di penne corte e inutili, come i suoi piedi del resto, che non riescono ad allontanarsi dalla gabbia che abita. E’ stanco di immaginare fughe da una vita in cui recita la parte di un diciassettenne qualsiasi, appassionato di illustrazione e videogame. Desidera andare via, altrove, dove lui e Piero potranno stare insieme senza dover spiegare niente a nessuno. Senza sua madre che entra in camera ogni volta che Piero viene a studiare, sbavando gentilezza e nutella come se loro avessero ancora sei anni. Se almeno riuscisse a dirglielo che la nutella non la vuole più, almeno non da lei.

Nedo si sveglia al trillo del cellulare, inforca gli occhiali per leggere il numero che appare sul display, con un gesto di stizza poggia di nuovo la testa sul cuscino, gli occhi chiusi e un porca puttana tra i denti; una paziente a cui non è riuscito a spiegare che non deve chiamarlo, salvo non ci fosse qualcosa d’importante, continua a fargli squilli sul cellulare, da settimane, ma se lui richiama la donna non risponde, fedele al suo disturbo bipolare nella fase maniacale. E’ un uomo di mezza età, in cui ogni anno trascorso ha lasciato un segno sul suo corpo pigro. I tentativi di recuperare una buona forma fisica sono stati decisi quando ormai i suoi arti non erano più disposti a seguirne gli intenti. Si considera un ottimo medico, professionalmente attento a ogni sbalzo d’umore dei suoi pazienti, analizza le patologie altrui con la precisione di un incisore; individuandone l’origine prima ancora che questi aprano bocca. Ha cominciato a studiare psichiatria alle superiori, facendo pratica sui suoi compagni i quali, ignari d’esser considerati pazienti, intrattenevano con lui lunghe conversazioni dalle quali lui estrapolava diagnosi ingenue ma a suo parere azzeccate, almeno così gli piaceva pensare, mentre con gli anni la convinzione che ascoltare sarebbe stato il suo mestiere si stabiliva in lui fino a fargli scegliere, appunto, la facoltà di psichiatria. A oggi ha già pubblicato sette libri, tutti di successo, adottati da varie università. Dell’ultimo è particolarmente fiero, da settimane sta in cima della classifica dei saggi scientifici. Il titolo ‘ Che fine ha fatto la famiglia?’ è stata un’idea del suo editore che sperava, con questa domanda, di attirare l’interesse di un pubblico più ampio di quello degli psichiatri. Senza riscontrare affatto l’ipocrisia contenuta nell’interrogativo, piuttosto che nello scriverne le conclusioni, Nedo ci aveva lavorato meticolosamente, indagando la famiglia tradizionale e confrontandola con le nuove realtà famigliari, dove le figure genitoriali si alternano nei week end confondendo e destabilizzando, a suo parere, le sicurezze dei figli, concentrando quindi il suo studio sulle patologie derivanti da modelli famigliari in cui tutto viene stravolto in nome di un diritto alla felicità personale che i genitori antepongono a quello dei propri figli. Qualche critica di moralismo becero e di maschilismo non l’avevano allontanato dalla convinzione di aver ragione. Avrebbe portato decine di esempi se glielo avessero chiesto. Egli stesso e la sua famiglia erano un esempio di come, nello schema tradizionale, i valori saldi e l’esempio di continuità della coppia avevano creato quel modello di serenità a cui tutti dovrebbero ambire. Non sospetta neanche di essere quanto di più lontano può esserci dall’essere per i suoi figli quella figura paterna che è convinto di incarnare. Ama sua moglie, la sua dolce Sabrina, sono sposati da 25 anni, per l’anniversario le ha comprato un regalo costoso quanto inutile, di quelli che piacciono a lei, da sfoggiare nelle occasioni importanti dove compiacersi ancora, a 47 anni, di essere sempre una delle più belle donne presenti. Non l’ha mai tradita, almeno non veramente, se si escludono quelle volte in cui, durante qualche convegno, ha dormito con donne compiacenti, assolvendosi dal peccato prima ancora di raggiungere il piacere per il fatto di aver fatto scivolare qualche biglietto da cento nella mani della puttana di turno. Si rammarica di non aver dedicato molto tempo ai figli, delegando troppo spesso sua moglie della loro educazione, ma è fiero di entrambi; Luna presto conseguirà la laurea: ha scelto un tema delicato e complesso da cui ha cercato di distoglierla, ma in fondo è orgoglioso di lei e ha deciso di fornirle tutto l’aiuto necessario nella stesura della tesi.  Eros è addirittura un genio: si diplomerà a luglio, con un anno di anticipo. E’ un ottimo illustratore, è bravissimo a raffigurare gli uccelli, su vari sfondi, ma sempre con le ali chiuse, anche se, nessuno sa meglio di lui che quei disegni nascondono significati oscuri. Un disagio psicologico che il padre/medico attribuisce alla fase adolescenziale, da cui certamente presto verrà fuori, sarà allora che spiegherà le ali ai sui uccelli per permettergli di volare. Nedo fa una doccia veloce e raggiunge Sabrina in cucina.
-          Buongiorno tesoro, buon anniversario – Nedo bacia Sabrina sulle labbra. Luna fa una smorfia, le effusioni dei suoi genitori non le piacciono. Si è fatta l’idea che entrambi interpretino un affezione fasulla.
-          Buongiorno anche a te Luna che fai di buono?
-          Niente di più semplice che tagliare la verdura papà –
-          Eros dorme ancora? - Chiede Nedo, pur conoscendo la risposta.
-          Si caro – risponde Sabrina – Vuoi cominciare ad apparecchiare per favore? Ho già preparato il servizio e la tovaglia, trovi tutto sul tavolo in sala –
-          Certo cara. La mamma e le ragazze? Le hai sentite? – chiede Nedo che si ostina a chiamare ragazze le sue sorelle.
-          Arriveranno per le 13 – risponde Sabrina – Non abbiamo molto tempo, ma è tutto sotto controllo!
-          Non ho dubbi – bisbiglia in risposta Nedo, conoscendo la precisione di sua moglie.
Sul tavolo Nedo trova ciò che si aspettava: la tovaglia bianca inamidata, la più bella del corredo e il servizio di piatti bianco con il bordo d’argento, calici di cristallo e posate d’argento. Non potrebbe essere diversamente. Anche per un pranzo di famiglia Sabrina ci mette l’anima. Conta nove coperti e chiede spiegazioni alla moglie.
-          Ho detto a Eros che poteva invitare Piero tesoro, ha tanto insistito! Non ti dispiace vero? Ho provato a dirgli che era un’occasione particolare ma…
-          No, non mi dispiace – mente Nedo.
In realtà quel ragazzo non gli piace. Pensa che influenzi negativamente Eros. Si frequentano troppo spesso e l’ha sentito più volte riprendere suo figlio perché non l’aveva chiamato o non era passato da casa sua rientrando dalla palestra. Certo Piero non pensava neanche di frequentare una palestra; era magro come un fuscello e delicato come una ragazza. Salutava a malapena e parlava solo se gli si rivolgeva una domanda, dosando le parole come se temesse di esaurire la ridotta scorta di cui disponeva.
I piatti da portata con le pietanze pronte vengono disposti sul lungo piano di marmo nell’ordine in cui verranno servite. La cucina è gremita di colori e di profumi che si diffondono fino al giardino attraverso le finestre aperte. Persino l’umore di Luna è migliorato con il trascorrere del tempo, canticchia un motivo con sua madre mentre lei guarnisce la torta disponendo alcune rose fresche sulla montagna di panna montata su cui domina il numero 25 di glassa rosso rubino.
-          Guarda un po’ Luna! – dice Sabrina invitando la figlia ad ammirare la sua creatività.
-          E’ bellissima mamma! - Esclama Luna davvero estasiata dalle doti di sua madre.
-          Bella vero? E ora tocca a voi – dice Sabrina aprendo il frigo per tirarne fuori tre grosse aragoste, ancora troppo vive per non ribellarsi al destino che le attende.

-          SONO QUI! - Eros urla dal piano di sopra. Ha visto arrivare l’auto con i nonni e le zie.
-          Bene , invece di urlare vai ad accoglierli – Ordina sua madre - Tuo padre è sceso in cantina –
Eros apre la porta e raggiunge l’auto. Viene abbracciato e baciato da sua nonna che, piccola di statura si arrampica con fatica al collo del nipote.
-          Come stai giovanotto? – chiede il nonno che lo chiama giovanotto da quando Eros può ricordare.
-          Bene nonno e tu? –
-          Ehhh…- sospira il vecchio – La vecchiaia. Papa? – domanda guardandosi intorno.
-          Arriva.. è sceso a prendere il vino!
-          Bene bene, he he..oggi ci ubriachiamo giovanotto, che ne dici? –
-          Certo nonno, perché no?
Intanto le zie sono già entrate in casa, curiose come scimmie di vedere cosa ha preparato per il pranzo la laboriosa cognata. Il centrotavola di fiori e candele attira subito l’attenzione delle due e prima ancora di avvicinarsi per salutarla si complimentano con eccesso di enfasi per la meraviglia della composizione.
-          Benvenuti!- Sabrina, che intanto si è cambiata, appare all’improvviso, elegantissima nel vestito acquistato per l’occasione.
-          Sabrina..cara – Esclama sua suocera andandole incontro – Ma che meraviglia! E che profumo delizioso! E tu Luna? Vieni ad abbracciare la nonna, sei uno splendore tesoro!
-          Tutta sua madre – Mormorano all’unisono le cognate, avvicinandosi anche loro a baciare l’aria intorno al viso della cognata.

Sabrina invita tutti ad accomodarsi in salotto. Sua madre arriverà fra poco. Il tempo di un aperitivo, lo  servirà Nedo, apparso con il vassoio dei bicchieri, e potranno sedersi a tavola. Lei ha  ancora qualcosa da fare. Si scusa e si allontana. E’ arrivato anche Piero, lui ed Eros scappano in camera dopo un frettoloso saluto ai parenti.
Il taxi con sua madre avverte del suo arrivo con un colpo di clacson. Luna va incontro a sua nonna che scende dal taxi con un pacco regalo che non vuole cedere alla nipote.
-          Grazie cara, ma lo porterò io! - Sarà un’altra inutile zuppiera – pensa Luna,  e insieme raggiungono il resto della famiglia.
Intanto Sabrina toglie i voul-avant dal forno e li dispone in un vassoio. Sente il chiacchiericcio che proviene dal salotto. Il clima della festa si amalgama ai profumi del cibo, sorride contemplando la fila delle pietanze, felice di aver perfino fame nonostante la mattinata trascorsa a cucinare e pensa che si godrà il meritato pranzo.
Il campanello suona mentre sta appoggiando il vassoio degli antipasti sul tavolo. Sono tutti distratti  e nessun’altro ha sentito, perciò è lei che va ad aprire la porta. Davanti a lei c’è un uomo sudato che si asciuga la fronte con un fazzoletto ancora piegato, e un altro, due passi più indietro, che guarda in alto.
-          Signora…- biascica l’uomo più vicino a lei – Possiamo parlare con Nedo Spinelli?
-          Il Dottor Nedo Spinelli? – Chiede Sabrina aggiungendo l’omesso titolo di suo marito.
-          Si..si..proprio lui – Conferma l’uomo sorridendo ironicamente.
-          Lo chiamo! - Dice Sabrina - Chi devo annunciare? -
-          Tenente Follini e lui è il mio collega, tenente Marinetti – dice l’uomo indicando dietro di lui senza voltarsi.
-          Lo chiamo subito! Ripete Sabrina allontanandosi.
Chiama Nedo fuori dal salotto.
-          Ci sono due poliziotti tesoro, cercano di te, che vorranno?
-          Due poliziotti? Non ne ho idea tesoro. Ora lo scopriremo! – 
Già..che vogliono da lui? Nedo non lo sospetta nemmeno. Ormai si sente al sicuro, la paura di essere scoperto l’ha abbandonato molto tempo fa. Il mosaico di menzogne che ha costruito avrebbe retto per sempre. Senza alcun timore si dirige verso l’ingresso. Sereno, va a prendersi la  parte di avversità che gli spetta.
-          Spinelli Nedo?
-          Si?
-          La dichiaro in arresto per esercizio abusivo della professione medica, truffa e furto d’identità. Ha diritto di restare in silenzio…
Silenzio…Ecco cosa sente Sabrina. L’ultima parola pronunciata dall’uomo sudato mentre questo si porta via suo marito, strattonandolo in manette lungo il vialetto.
Scoprirà ore dopo che il marito, giocando sull’omonimia con un ignaro medico psichiatra del quale usava il numero di iscrizione all’Ordine, aveva esercitato abusivamente per oltre vent’anni l’attività di psichiatra. Nedo non aveva ultimato il terzo anno di studi; dopo aver tentato di superare lo stesso esame per tre volte si era arreso. Ma, tutto questo, i parenti verranno a saperlo più tardi.
 Adesso c’è un antipasto che si fredda, all’ombra di un centrotavola, e una torta di panna che si scioglie, colpita da un raggio di sole. 
                                                                         
Lella Pintus

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