I raggi del sole filtrano attraverso le lame della persiana.
Floriana si sveglia e subito sente i suoni polifonici degli animali, che reclamano il pasto di mezzogiorno. Respira i profumi e gli odori acri e pungenti, che si diffondono oltre i confini delle tende e delle gabbie, ma niente può disturbarla. Lei è nata tra loro. Quel mondo le appartiene, lo sente sulla pelle, solo lì si muove con sicurezza, come un cangurino nel marsupio, una tartaruga dentro la corazza, un aquilotto nel suo nido.
Floriana si sveglia e subito sente i suoni polifonici degli animali, che reclamano il pasto di mezzogiorno. Respira i profumi e gli odori acri e pungenti, che si diffondono oltre i confini delle tende e delle gabbie, ma niente può disturbarla. Lei è nata tra loro. Quel mondo le appartiene, lo sente sulla pelle, solo lì si muove con sicurezza, come un cangurino nel marsupio, una tartaruga dentro la corazza, un aquilotto nel suo nido.
Balza dal letto con uno scatto felino e a piedi nudi va ad aprire la tenda a fiori azzurri, che la separa dall’angolo della cucina. Lancia uno sguardo all’orologio a pendolo, appeso alla parete sopra il tavolino, le lancette segnano le undici e trenta. Non è proprio l’alba, ma i suoi ritmi sono diversi da quelli dei comuni mortali.
Enric stranamente si è alzato prima di lei e quasi le scappa da ridere nel vederlo armeggiare tra gli utensili alla ricerca disperata della caffettiera moka espresso. Lui si sofferma a guardarla con i suoi occhi di un azzurro liquoroso, ombreggiati dalle sbavature del trucco di scena non ancora completamente eliminate, Nota le occhiaie nel viso ancora bello di sua moglie e i tratti tondeggianti del corpo, che la corta tshirt non riesce a contenere.
<<Ciao, oggi ho preparato una sorpresa per te.>> le dice con voce piatta e distratta.
<<Una sorpresa? Pensi che rivederti rappresenti qualcosa di nuovo per me? Hai ancora la presunzione di poter sconvolgere la mia vita con le tue abitudini maniacali e ripetitive?>> risponde Floriana fissando le mutande a fiorellini provenzali del marito.
Enric sistema la caffettiera sul fuoco e con la mano sinistra cerca di dominare quella cresta di capelli biondastri, ancora rigidi dalla gelatina luccicante di riflessi metallici, usata per lo spettacolo della sera.
<<Okay, stanotte hai fatto brutti sogni.>>
<<Sì, indovinato. Ho sognato che tornavi da uno dei tuoi misteriosi viaggi in Albania. Ti aggiravi come un fantasma per le stalle equine, entravi in roulotte, ti liberavi del frustino da domatore e lo sostituivi con il mouse del computer. Un’entità solitaria e indipendente, come ogni tanto ti sorprendo nella realtà.
Forse non servirà a niente, ma ti voglio ricordare che in un’altra vita avevamo fatto patti diversi - Amore, mi avevi detto, non ci saranno segreti fra noi due. Condivideremo ogni nostro pensiero, ogni nostra azione, non esisterà decisione importante che non sarà presa in comune accordo. - Ah, che buffo, solo ieri mi hai gentilmente informato di avere acquistato a saldi un abito firmato Armani, che sta chiuso nel suo involucro protettivo da ben tre mesi.
E la provvista di olio? Mi hai tenuto nascosta l’incursione fatta a Usini, dove hai prelevato metà della produzione degli oliveti di zio Bainzu, come lo chiama mia madre. Un’altra cosa…basta, non voglio più sentire il battito di quell’orologio antico, comprato da chissà quale imbroglione di antiquario. Scandisce le ore con un suono cupo e sinistro, degno di un castello medioevale, dove ancora circolano mostri e fantasmi.>> Floriana raccoglie con una pinza bianca le ciocche di capelli, che le ricadono sugli occhi e torna all’attacco: <<…e il pianoforte verticale? Potevi lasciare che le sue corde fossero distrutte da qualche roditore, inviato in missione speciale da un Mozart vendicativo, perché nessuno di noi sa distinguere il suono delle note da quello di un campanellino.>>
<<Sono proprio un uomo fortunato! Non mi aspettavo che volessi festeggiare questa giornata particolare, regalandomi tanti complimenti. Flo’ sei incredibile!>>
dice Enric con divertita ironia, mentre sorseggia il caffè.
Flo’ ride, gli gira le spalle e la sua risata si confonde con lo scrosciare dell’acqua della doccia. Una doccia veloce, poi lascia scivolare l’accappatoio sul pavimento e resta nuda a guardare la sua immagine riflessa nello specchio.
Mettere su qualche chilo ha giovato ai suoi seni, che accarezza con un movimento lieve e circolare, ma la pancia rotonda sopra l‘ombra scura della peluria sul pube, le fa arricciare il naso in segno di disapprovazione. Acchiappa il barattolo della crema idratante e massaggia le gambe e le cosce con energia, quasi a voler cancellare i fragili capillari rosa, che qua e là affiorano in superficie. Si dedica al trucco del viso, cercando di mascherare le zampe di gallina intorno agli occhi nocciola con ombretto e mascara, e per dar luce alla pelle opaca della carnagione olivastra, dipinge le labbra con un rossetto color ciliegia. Passa alla scelta dell’abbigliamento e sgambetta verso il cesto di vimini, dove costumi e accessori di scena, cinture fluorescenti, piume di struzzo, calze dorate, lustrini e pailette si confondono con abiti più sobri. Afferra un mini vestito verde acqua e lo guarda con orrore! “Verde acqua? Come mai ho avuto il coraggio di comprarlo per indossarlo in città? Nel migliore dei casi potrei usarlo per esibirmi nella pista davanti ad uno sparuto pubblico di periferia.” Lo lancia lontano e dal mucchio ne raccoglie un altro di cotone bianco, con pizzi e balze, che mette in risalto i capelli neri. Orecchini a cerchio, una serie di bracciali di metallo brunito, espadillas rosse completano il look dal sapore gitano.
Un ultimo sguardo allo specchio e l’autostima è salva. Ha la conferma che il peso di gravità agisce su di lei con leggerezza.
Quando Enric la vede, esprime con un fischio la sua ammirazione.
<<Non essere volgare, ho fretta. Il boss mi aspetta per mostrarmi i cagnolini.>>
<<Vieni qui, piccola selvaggia, voglio domarti come un purosangue ungherese.>>
le sussurra con voce sensuale, piazzandosi davanti per sbarrarle la strada.
<<Io sono di razza sarda, come i cavallini della Giara e come loro difficile da addomesticare, non dimenticarlo!>> ride...
Floriana esce dalla roulotte e attraversa un campo incolto prima di raggiungere la Simca 1000, di un celeste indefinito, posteggiata lì da alcuni giorni. Si siede alla guida di quel rottame, che ruggisce come un leone ferito, prima di mettersi in moto. La città dista solo una ventina di chilometri, ma non può permettersi velocità da formula uno e durante il tragitto viaggia lontano sulle ali della memoria.
Venticinque anni di matrimonio sono passati veloci come un battito di farfalla in un susseguirsi di attimi e sospiri: un’altalena di momenti, spesso esaltanti, altri spenti, privi di slanci, a volte dolorosi da fare veramente male.
Floriana, figlia di due clown di origine sarda, era nata nel circo francese “Soleil d’or”e lì era cresciuta, imparando a vivere i contrasti di un mondo regolato da un codice preciso, in cui disciplina e sacrificio si mescolavano ad una vita itinerante, lontana da conformismo e rigidi schemi sociali. Il suo spirito libero si esprimeva nelle più diverse abilità: un po’ funambola, un po’ giocoliera, un po’ clown, solo più tardi aveva scelto di addestrare deliziosi cagnolini, di taglia piccola e d’intelligenza elevata. Un giorno arrivò Enric, che aveva lasciato la sua terra d’oltremare ed era approdato in Italia, scritturato per l’arte equestre dal Direttore del piccolo circo.
<< Ho visto te danzare sul filo con tuo ombrellino e portare me su, su in alto, sopra le nuvole>> le aveva detto in un italiano stentato.
<<Okay, adesso puoi scendere e tornare da dove sei venuto.>> rispose Floriana con la petulanza dei suoi diciotto anni. A quell’età aveva già collezionato una serie di esperienze affettive con ragazzi insignificanti e ogni volta si era illusa di aver trovato il grande amore. Ma quell’uomo non più giovanissimo, con l’atteggiamento fiero di chi ha alle spalle una tradizione circense, aveva fatto vibrare in lei un’energia nuova e sconosciuta. Si sposarono con il rito civile, circondati da ballerini in tutù, acrobati, mimi e due pagliacci, sorridenti anche nell’animo.
Floriana aveva vent’anni, il mondo ai suoi piedi ed Eric al suo fianco. Non lo mollava mai, lo osservava in silenzio mentre addestrava i cavalli purosangue di origine ungherese. Un’attività senza sosta, fondata sul rapporto uomo animale ed esercizi quotidiani duri e difficili. Durante gli spettacoli in pista, le piaceva fasciato nella sua divisa: camicia argentata tempestata di zirconi azzurri, pantaloni a sbuffo, portati dentro gli stivali di pelle, sostenuti da una cintura di cuoio, chiusa da una fibbia dorata. Le appariva bello come un re.
E come lo scettro simboleggia il potere di un re, così il frustino raffigurava quello di Enric. Ma il frustino, con Floriana non aveva funzionato. Spesso l’avevano utilizzato per giochi erotici, al di là dei quali i tentativi di Enric di prostrarla ai suoi ordini erano miseramente falliti. Un desiderio profondo, però, li teneva insieme e per cercare di realizzarlo avevano lottato uniti e complici per diversi anni. Affrontarono ogni possibile esame medico, indagini cliniche, terapie e test psicologici. Infine si arresero di fronte ad un giudizio agghiacciante: Floriana aveva un tipo di malformazione congenita, che non le avrebbe mai permesso di diventare madre.
La reazione fu violenta. Divenne triste e aggressiva, si scagliò contro i medici e li accusò di aver fatto diagnosi sbagliate con la volontà di sabotare la sua ragione di vivere. Avrebbe voluto vederli marcire per sempre in prigione.
A lei era stato negato il diritto alla maternità e impedito di vivere in pienezza la sua identità di donna. Il ventre era arido e secco e non era stato in grado di generare la vita. I seni non producevano latte e dunque non svolgevano la funzione primordiale di nutrire la vita.
Smontò il tendone colorato, chiuse i sogni nel baule e spense i riflettori su se stessa.
Fu allora che cominciarono a nascere incomprensioni fra lei ed Enric.
<<Non mi fido più di te! - gli disse un giorno- Non solo stai bruciando il nostro amore, le nostre amicizie, ma fai scelte sbagliate, che stanno incenerendo anche le nostre finanze.>>
E poi iniziò a sospettare della sua fedeltà.
Si sentì una merda, quando incominciò a temere che una donna sola, per giunta sterile, potesse non bastargli più. Ma perdere Enric non era accettabile.
Non si fermò ad aspettare che tutto si compisse, non voleva sottomettersi al corso degli eventi, sapeva che poteva fare delle scelte per modificarli.
Si liberò dall’atteggiamento passivo e ingannevole del fatalismo e con la forza radicata nel suo animo, raccolse i cocci e lavorò per ritrovare se stessa.
Il suo cuore riprese a pulsare, la superbia ritornò nei suoi occhi, reagì anche fisicamente e l’avvenenza tornò a risplendere nel suo corpo. Riconquistò il suo uomo o almeno così sperava, e perfezionò il numero con i cagnolini, che colmavano il vuoto affettivo, lasciato dall’istinto materno frustrato. Essi l’adoravano, dunque lei esisteva: non vedeva l’ora di farli esibire nella prossima tappa della tournèe in Sardegna.
Tutti questi pensieri svolazzano nella sua testa e sembrano dare fiato al motore stanco della Simca 1000. Arriva in prossimità della città, svolta a destra, imbocca il viale alberato di oleandri multicolore, che conduce davanti al cancello della tenuta di Gesuino. Il boss, come bonariamente lo chiama Floriana, alleva cani di piccola taglia, da vendere ad addestratori e amatori.
Inspiegabilmente il cancello è chiuso. Allora decide di concentrarsi sugli ultimi dettagli per la preparazione della festa di anniversario e di rinviare al giorno dopo la scelta dei due cagnolini da addestrare per dar vita a un nuovo spettacolo. Si ferma dal fioraio e per un attimo si perde tra i profumi e i colori di un giardino incantato, che avrebbe voluto portarsi via per intero, come un pacco regalo. Infine decide di comprare ciotole di anemoni e fresie per decorare i tavolini all’aperto e candele da sistemare vicino agli alberi, dove avrebbero creato giochi suggestivi di luci e ombre.
Poi passa dal titolare del servizio di catering con il quale concorda l’orario della consegna del buffet. Adesso può tornare nel suo accampamento e mentre guida ricorda la frase pronunciata da Enric appena qualche ora prima, sulla quale aveva ironizzato forse in maniera esagerata. Oggi, ho preparato una sorpresa per te.
Il sole tramonta e regala al cielo un’armonia cromatica di colori, che sfuma dall’arancio, al rosso, all’indaco. Un’atmosfera magica e misteriosa circonda la zona allestita sotto una tenda bianca, dove tutto è pronto per ricevere gli invitati, che piano, piano lasciano le roulotte per raggiungere Floriana e Enric.
Le note del valzer di Strauss, Sul bel Danubio blu, echeggiano nell’aria. Enric stappa una bottiglia di spumante e prima di offrirlo agli ospiti, ne porge un bicchiere a Floriana. Si preparano al brindisi, quando lo stridore dei freni di una macchina attira l’attenzione di tutti.
La scena che si presenta davanti ai loro occhi li lascia senza fiato. Due uomini, in divisa da poliziotti, scendono dalla macchina e si avvicinano al gruppo, uno di loro con fare imperioso e severo chiede:
<<Chi è Enric Belushi?>> Enric si muove con passo incerto verso le due figure. <<Sono io, cosa volete da me?>>
<<Ci segua, abbiamo un paio di cosette da mostrarle.>>
I tre si allontanano e spariscono dietro il tendone più grande, dove quella sera non si fa spettacolo. Gli invitati si alzano dai loro posti e si stringono intorno a Floriana, che trema di paura e si sente gelare il sangue nelle vene. Lo sguardo è fisso nel vuoto e nella mente si affollano mille domande. Di quale orrendo delitto si è macchiato suo marito? E’ un trafficante di armi? Ha violentato giovani ragazze? Ha rubato i gioielli della corona di Francia? Forse in Albania ha vissuto un passato oscuro, che lei non conosce.
Non ha risposte a questi interrogativi e la situazione le sembra così grottesca da farle sentire ridicolo il fiore di ibiscus, sistemato con cura tra i capelli. Vorrebbe afferrarlo e gettarlo via, ma l’improvviso apparire di due barboncini bianchi la blocca. Li vede zampettare verso di lei, diritti e impettiti sulle zampe posteriori: uno ha intorno al collo un nastro con i colori della bandiera tricolore italiana, l’altro una sciarpetta rossa con il simbolo dell’aquila a due teste dello stemma albanese.
Gesuino li guida con provata maestria, ha ancora in testa il cappello blu a visiera della divisa della polizia e ostenta un paio di baffoni posticci, mentre Enric, subito dietro, ridacchia sornione. Floriana finge un moto di stizza, ma poi sorride, allora lui le si avvicina, china il viso sul suo e in un soffio le bisbiglia:
<<Ti avevo avvertita, oggi, ho preparato una sorpresa per te.>>
Luisella Sassu
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