10.10.11

L’ANNIVERSARIO


“Luisa e Giovanni for ever”.
Questa era la scritta che compariva nei biglietti  che i loro figli, Francesco e Petra,  avevano spedito per  invitare   amici e parenti, alla festa del  venticinquesimo anniversario di matrimonio dei loro genitori.
Era un sabato mattina di metà settembre e niente lasciava presagire che uno tsunami avrebbe travolto la vita di tutta la loro famiglia.
Luisa era in cucina che stava lavando le verdure per il pranzo, quando ad alta voce  si mise a fare il punto della situazione.
-Allora, che   cosa c’è ancora da fare? Nel pomeriggio contattare il catering per  gli ultimi accordi, stirare bene gli abiti dei ragazzi,  andare dal parrucchiere per sistemare la piega e dopo ritirare le bomboniere!
 Come al solito mi sono lasciata qualcosa da fare all’ultimo minuto, giusto per mettermi un po’ di ansia…-
 La donna  si accusava e assolveva ogni giorno per questa sua caratteristica, anche se era stato grazie a questo suo “difetto” che aveva conosciuto Giovanni, l’amore della sua vita.
A diciannove anni, appena diplomata con il massimo dei voti  i suoi genitori, per premio, le avevano regalato un viaggio a Parigi.

Alla vigilia della partenza si era accorta che la sua carta d’identità era scaduta.
Così di buon mattino si era dovuta recare  in comune per richiederla.
Era entrata così velocemente nell’ufficio dell’anagrafe e per giunta anche impegnata nella ricerca di un fazzoletto nel suo zainetto, che non si era accorta del ragazzo che veniva dalla direzione opposta.
Tutto era cominciato così, da uno scontro.
Dalle scuse ad un appuntamento… dopo 29 anni erano ancora insieme.
Una bella coppia dicevano tutti.
Lei esile bionda, pelle diafana e occhi azzurri. Lui alto,  capelli neri, occhi verdi e fisico sportivo.
Alla base della loro unione c’era un grande dialogo su ogni aspetto della vita. Si raccontavano le reciproche quotidianità, condividevano molti interessi: la lettura, il piacere della scoperta legata ai viaggi, la buona cucina, il concetto di rispetto e quello di educazione.
Avevano fatto percorsi diversi: lui dopo l’università aveva scelto la carriera accademica e lei dopo la nascita dei suoi figli, aveva liberamente deciso di lasciare il lavoro da impiegata per dedicarsi completamente alla famiglia.
Le sue giornate erano molto piene. Quando i ragazzi erano piccoli  era sempre lei ad accompagnarli ovunque: scuola, palestre, compleanni.
Poi c’era la passione per il giardinaggio.
Non si perdeva un corso che l’associazione “Giardini d’Italia” organizzava in città.
Aveva appreso tutto sull’arte della potatura, sugli innesti, sui periodi di fioritura e sulle varie tecniche di irrigazione.
La loro casa circondata  da un piccolo giardino era diventato il suo laboratorio, dove sperimentava ogni novità con risultati sempre piacevoli che scatenavano l’invidia del vicinato.
I ragazzi erano rientrati da poco e stavano sistemando il vino per la festa, quando ad un certo punto suonò il campanello dell’abitazione.
-Petra, stanno suonando alla porta puoi aprire per cortesia?
 Dall’ingresso non arrivarono voci e Luisa, incuriosita, con indosso ancora  il grembiule rosso con la scritta “La cuoca migliore del mondo”, si diresse verso la porta.
Davanti ai suoi occhi e a quelli perplessi di sua figlia, ora apparivano due carabinieri in divisa.
-Buongiorno signora stiamo cercando il signor Crespi-
-Mio marito non c’è. È successo qualcosa?-
-Niente di preoccupante. Lo stiamo cercando perché un uomo in questo momento si trova sul cornicione dell’undicesimo piano dell’ospedale e minaccia di lanciarsi se non parla con suo marito..
-Mi dispiace ma non è qui però dovrebbe rientrare tra poco...-
-Può darci il suo numero di cellulare così proviamo a contattarlo noi?-
-Certamente, ma ho visto che ha dimenticato il suo telefono a casa. Oggi aveva una sessione di esame all’università, magari è ancora lì.-
-Grazie. Arrivederci-
Nel frattempo alle loro spalle le aveva raggiunte Francesco.
-Beh, perché quelle facce? Chi era alla porta?
-Due carabinieri che cercavano papà, dicono che c’è un tizio all’undicesimo piano dell’ospedale che minaccia di buttarsi se non parla con lui-
Chiusero la porta e ritornarono verso nel salotto.
Nella casa si respirava già un’aria di festa. Festoni da una parete all’altra, e una mega scritta “Happy Anniversary” che faceva bella mostra di sé appesa sopra il tavolo della sala, ancora in fase di allestimento.
I ragazzi osservavano la madre che aveva assunto un’espressione indecifrabile.
- Ma dai mamma, sicuramente c’è una spiegazione e non sarà niente di preoccupante.-
- E se accendessimo la televisione? Magari qualche emittente locale si è interessata alla situazione.-
Francesco di alzò a prendere il telecomando e si mise a cercare, sulle frequenze delle emittenti locali, qualcosa che potesse ricollegarsi a quanto avevano appena appreso.
-Fermo, fermo. Torna indietro… sì sì, quello è l’ospedale civile…-
«Siamo sempre qui che trasmettiamo da via Toti di fronte all’ospedale civile della città. All’undicesimo piano c’è un ragazzo che minaccia di buttarsi giù. Al momento non possiamo  fornirvi maggiori informazioni.. Ma ecco, ecco, c’è movimento vicino alle volanti dei carabinieri. Non abbiamo l’autorizzazione ad avvicinarci  per cui possiamo descrivervi solo quanto riusciamo a vedere dalla nostra postazione, ma è chiaro che sta succedendo qualcosa...»
-Francesco alza il volume!- Luisa si era avvicinata alla TV, quasi a voler sentire o a vedere più da vicino quale fosse l’evoluzione dei fatti.
«C’è un uomo che sotto scorta  si sta avvicinando all’ingresso dell’ospedale. Come potete capire sono stati interdetti gli accessi a chiunque, ed è stato chiesto alle persone ricoverate di non affacciarsi e di non interferire con l’operazione. I vigili del fuoco sono comunque pronti con il telo, nel caso in cui il ragazzo inaspettatamente compia un atto disperato. L’ uomo è entrato.
Siamo finalmente in grado di darvi le generalità del ragazzo: si chiama Alessandro Guidi, ha 21 anni e vive in città. Abbiamo saputo che i carabinieri hanno cercato di contattare la famiglia, ma il ragazzo è solo, ha perso la madre, suo unico familiare tre mesi fa.”
- Mamma ma quello era papà – Petra guardava sconvolta il televisore
-Mamma, ma tu lo conosci questo tipo?- chiese Francesco
-No, non mi viene in mente nessuno con questo nome.-
-Papà ti ha mai parlato di lui?- Petra era andata accanto alla mamma e le circondava le spalle con un braccio.
-No, proprio non mi viene in mente.
 Le immagini scorrevano sullo schermo alternando il volto del commentatore e il primo piano del ragazzo sul cornicione.
Nel salotto sembrava che tutti gli orologi si fossero fermati.
L’atmosfera era irreale e  quei festoni stonavano con le emozioni di tutti i presenti.
“Ci è stato detto che il ragazzo ha fatto richiesta di parlare con il signor  Giovanni Crespi.
 Abbiamo ragione di pensare fosse proprio lui la persona che poco fa è entrata nell’ospedale scortata dalle forze dell’ordine, ovviamente non conosciamo i motivi di tale richiesta.”
«Ecco, adesso vediamo che alla finestra di lato al giovane si sta affacciando colui che immaginiamo essere il signor Crespi. Sta parlando al ragazzo. Intanto il telo  dei vigili del fuoco resta aperto.  Anche il capitano dei carabinieri sta intervenendo nella conversazione.»
 «Aspettate, sembra che stiano discutendo animatamente.”
-Mamma mia, non è che quello adesso si butta?-
-Cosa gli avrà detto papà?-
-Mamma guarda la faccia, magari ti viene in mente. Mamma… mamma, tutto bene?-
 Luisa era come ipnotizzata dalle immagini che arrivavano dallo schermo.
Dal televisore improvvisamente arrivò il grido della folla.
“No! Il ragazzo si è lanciato! Fortunatamente c’erano i vigili del fuoco pronti ad intervenire anche se, vista l’altezza, pensiamo che la caduta non sia priva di conseguenze.”
Nel salotto tutti e tre i presenti  erano saltati in piedi restando con lo sguardo incollato al televisore.
“ Si stanno avvicinando le unità di urgenza. Vediamo che il giovane viene posto su una barella e portato velocemente all’interno dell’ospedale. Per ora è tutto. Chiudiamo qui il collegamento. Nel prossimo TG vi aggiorneremo sullo stato del ragazzo e speriamo di potervi fornire  maggiori dettagli sul motivo che lo ha portato a  compiere questo gesto estremo”.
Nel silenzio della sala il primo che riuscì a reagire fu Francesco.
-Mamma vuoi che raggiungiamo papà?-
-Vengo anche io- disse Petra
- Ok andiamo.
In fretta i tre si prepararono per raggiungere il nosocomio della città.
Nessuno di loro diceva nulla, nella mente probabilmente tutti avevano ancora presente la scena del ragazzo che si buttava dall’undicesimo piano.
Arrivati in ospedale, si trovarono di fronte uno sbarramento di forze dell’ordine, impegnate a bloccare la dilagante curiosità della piccola folla che si era radunata.
Una volta date le generalità, vennero accompagnati al reparto di terapia intensiva dove il ragazzo era stato portato. Nel pianerottolo antistante la divisione, Luisa trovò il marito in compagnia di un brigadiere.
Corse incontro all’uomo cercando nelle sue braccia rassicurazione.
- Giovanni, ma cosa sta accadendo? Chi è quel ragazzo, cosa vuole da te?-
- Signora, venga si sieda, vi lascio soli così potrete parlare con calma. -
Giovanni sembrava invecchiato di colpo di 10 anni. Seduto rannicchiato su se stesso, non aveva neanche il coraggio di guardare i suoi familiari in faccia.
Nell’ultima ora della sua vita, tutto quello che aveva costruito con fatica e determinazione, stava crollando come un castello di carte mal  strutturato.
Vagliò mentalmente quali possibilità avesse per uscire indenne dal guaio in cui sia era cacciato.
Per tanti anni si era tenuto dentro una verità scomoda, reprimendola con mille motivazioni.
Temeva che un giorno gli venisse chiesto conto delle sue azioni, ma in qualche modo quell’eventualità era sempre stata relegata nella parte più profonda del deposito delle sue paure, quasi a volersene dimenticare.
Ma quel giorno era arrivato, la verità reclamava il suo spazio.
- Ho bisogno di parlare con tutti voi. Vi chiedo solo di ascoltare tutta la storia e poi cercherò di rispondere a ogni vostra domanda.-

Tutti e quattro si diressero in una sala di attesa per le visite, vuota in quel momento della giornata.
Giovanni raccolse tutte le forze di cui ancora poteva disporre e iniziò a parlare.
Raccontò dei primi anni di ricercatore all’università, del periodo di sbandamento che aveva attraversato la sua vita con la nascita dei  due figli. Le notti insonni, la mancanza di Luisa così presa dai bambini.
Della giovane studentessa che aveva sostenuto con lui un esame e del rapporto che si era creato successivamente.
Non cercava giustificazioni, nel racconto provava ad essere il più distaccato possibile, come se quella storia non gli appartenesse.
Raccontò di un rapporto che era passato dalla semplice conoscenza all’innamoramento.
Luisa ad ogni parola diventava più bianca, e delle lacrime silenziosamente iniziarono a scendere sulle sue guance.
La ragazza si chiamava Daniela. La relazione durò poco tempo, Giovanni sopraffatto dai sensi di colpa, aveva voluto chiudere il rapporto.
Non aveva mai pensato seriamente alla possibilità di costruire un futuro con la studentessa, il legame con la sua famiglia era comunque forte e solido. Adesso alla luce dei fatti parlare di un’unione indissolubile poteva sembrare poco credibile, ma la sua famiglia era una delle poche certezza della vita che riteneva di avere.
Era stato un momento di debolezza per entrambi, anche lei usciva da un’esperienza dolorosa e aveva visto in lui, qualcuno che poteva lenire le sue sofferenze.
Si erano lasciati restando in buoni rapporti.
Giovanni le aveva garantito che per lei ci sarebbe sempre stato, anche se solo come amico.
“Qualsiasi problema, ricordati io ci sarò”.
Inizialmente si erano persi di vista, poco tempo dopo la chiusura della loro storia, Daniela si era fatta di nuovo viva.
Era disperata, aveva scoperto di essere incinta  e riteneva che quel figlio fosse di Giovanni. Chiedeva di esser aiutata perché lei quel bambino desiderava tenerlo.
A quell’epoca la ragazza non aveva una casa, i suoi familiari alla notizia, avevano reagito malissimo invitandola poco gentilmente ad uscire definitivamente dalle loro vite.
Senza lavoro e un luogo dove vivere, come poteva  accogliere quella nuova vita?
Parlarono a lungo alla ricerca di una qualche soluzione.
Dall’iniziale richiesta di aiuto, la conversazione prese velocemente una piega molto diversa.
 Daniela decise di ricattarlo. Se non avesse ricevuto una certa somma mensilmente, sarebbe andata a casa di Giovanni a raccontare della loro storia e  avrebbe detto che il figlio che aspettava era suo.
Volarono parole grosse. Per qualche giorno si sentirono solo per telefono, poi Giovanni cedette.
Pose alcune condizione: quel bambino non avrebbe avuto il suo cognome e lei mai e poi mai si sarebbe dovuta avvicinare alla famiglia di lui. Lei accettò.
L’unico contatto che restò tra i due, fu il bonifico bancario che Giovanni puntualmente ogni mese effettuava.
Poi, parecchi anni  dopo Daniela si presentò di nuovo in facoltà dove lui lavorava; aveva ancora bisogno di parlargli. L’insistenza incessante di lei fece sì che Giovanni  le accordasse  un appuntamento. Gli anni erano passati impietosi sul suo viso ma c’erano anche segni innegabili di sofferenza fisica.
Lo informò che aveva una forma di leucemia incurabile e che le restavano pochi mesi di vita.
Stavolta non era lì per fare un altro ricatto, stavolta aveva bisogno di una promessa.
Suo figlio Alessandro era un ragazzo che non aveva nessuno su cui contare.
Daniela dopo l’abbandono degli studi universitari, aveva frequentato dei corsi professionali specializzandosi nella creazione di siti web. Lavorava da anni in uno studio grafico e grazie a quell’impiego oltre che all’aiuto di Giovanni,  era riuscita a comprare un piccolo appartamento e a garantire al figlio tutto quello che era necessario.
Non si era mai sposata. Tutte le risorse e le  energie  di cui disponeva, erano impegnate  nel seguire la crescita di suo figlio.
Due anni prima si era diplomato come geometra ma  non aveva ancora trovato un lavoro. Gli aveva portato anche delle foto di lui, come a dimostrare che i soldi  ricevuti, erano stati ben impegnati.
Era lì per chiedergli di prendersi ancora cura di suo figlio, di seguirlo in qualche modo da lontano, fino a quando non fosse stato in grado di cavarsela da solo, soprattutto quando lei non ci sarebbe più stata.
Se n’era andata via  lasciando Giovanni con le foto di quel ragazzo in mano, con la vita ancora una volta sconvolta dall’incontro con quella donna.
Nelle notti insonni passate a pensare, si attardava a guardare il viso di Luisa che le giaceva accanto e più volte aveva avuto la tentazione di svegliarla e raccontarle tutto.
L’amore per lei era sempre vivo e il solo pensiero di perderla lo lacerava dentro.
Cosa ne sarebbe stato della sua famiglia? E dei loro figli?
Già i suoi figli. Due li aveva visti crescere ogni giorno sotto i suoi occhi, ma  ce n’era un altro che non aveva mai voluto conoscere, forse perché l’unico legame che li univa era il ricatto costruito a sue spese dalla madre.
 Poteva quel ragazzo averne colpa? Aveva senso ora accettare quella richiesta di aiuto? Infondo quella donna l’aveva ricattato per anni e poi quel ragazzo per lui era solo un viso su una fotografia.
Ma Daniela non era intenzionata a mollare la presa. Lo tempestò di telefonate, ancora una volta la disperazione conduceva per mano le sue azioni e non si arrese fino a quando non ottenne la promessa che cercava. Tre mesi dopo Daniela era morta.
Un avvocato si era messo in contatto con lui e gli aveva recapitato una lettera da parte della donna; un’ultima sorpresa.  Nel documento lei scriveva del grande amore che aveva avuto per lui, che non si era mai spento  e che  quello che aveva fatto era solo dettato dalla disperazione. Non avrebbe mai rinunciato al frutto di quello che lei considerava il più grande amore della sua vita. Gli chiedeva perdono e lo raccomandava di rispettare la promessa fatta.
Aveva un’ultima cosa da dire…subito dopo la chiusura del loro rapporto, una sera aveva partecipato ad una cena tra studenti e  dopo qualche bicchierino di troppo,  si era abbandonata nelle braccia di un suo coetaneo, come a voler cancellare il ricordo di lui, di cui non ricordava bene neanche il nome. Aveva voluto rimuovere quell’episodio, ma era giusto che adesso lui lo sapesse. A quel tempo non c’era la possibilità di fare un test sulla paternità, anche perché per lei, il bimbo che aspettava non poteva che essere di Giovanni. Adesso però era possibile richiederlo. Non poteva andarsene portando con sé quel segreto.
Per Giovanni fu un nuovo trauma. Cosa fare ora? Come sapere se era veramente suo figlio? Questo avrebbe cambiato qualcosa rispetto alla promessa fatta a sua madre?
Queste domande continuarono per giorni ad occupare la mente dell’uomo.
Ma il destino è spesso imprevedibile. Alessandro dopo la morte della mamma, tra i vari documenti della stessa che aveva deciso di sistemare,  aveva trovato anche diverse copie di estratti conto bancari.
Stranamente ogni mese,  lei aveva ricevuto un bonifico di una cifra sempre uguale.
Alessandro come unico erede, aveva chiesto una verifica di quelle operazioni e tutte erano state fatte da un certo Giovanni Crespi.
Il ragazzo impiegò ben poco tempo a realizzare nella sua mente l’idea che quell’uomo potesse essere suo padre e si mise alla ricerca di lui.
Negli anni la madre non aveva mai voluto dare informazioni su chi fosse l’uomo che aveva contribuito alla sua nascita.. Aveva solo detto che era vivo.
Ora forse lo aveva trovato.
Un mese prima era riuscito a rintracciarlo e aveva cercato di mettersi in contato con lui. Giovanni non voleva assolutamente parlarci, che cosa poteva dirgli? Non sapeva neanche se fosse veramente suo padre.
Era  andato più volte in facoltà, se l’era ritrovato inaspettatamente davanti in tante situazioni ed era riuscito sempre a fuggire…fino a quel giorno.
 Aveva concluso il racconto a testa bassa senza avere il coraggio di guardare i suoi familiari per non scorgere il dolore che era sicuro vi avrebbe letto.
Una voce alle loro spalle ruppe la tensione che si era creata.
- Scusate c’è qualche parente del ragazzo che si è buttato poco fa? – un medico era uscito velocemente dal reparto di terapia intensiva.
Istintivamente tutti avevano guardato Giovanni.
- Il ragazzo ha avuto una forte emorragia interna, ha urgentemente bisogno di una trasfusione-
Il brigadiere che si era tenuto in disparte, li aveva raggiunti.
- Il giovane aveva solo la madre che è morta tre mesi fa. Non siamo a conoscenza di altri parenti in città.-
- Il problema è che noi siamo sguarniti di scorte,oltretutto ha un gruppo sanguigno abbastanza raro, il gruppo 0 RH negativo. Abbiamo contattato il centro trasfusionale ma non ci hanno dato disponibilità.-
Silenzio nella sala d’attesa.
- E’ il mio gruppo.- La voce era quella di Luisa.
- Sono una donatrice AVIS, e sono disponibile ad una donazione.-
Le facce attonite di tutti i presenti e lo sguardo sconvolto di Giovanni.
- E’ possibile fare un test di paternità? – Giovanni chiese al medico
- Non è un test che facciamo così, senza richiesta specifica e motivata.-
- Potrei essere il padre del ragazzo e se fosse necessario qualcosa da parte mia…-
La richiesta inaspettata aveva colto tutti di sorpresa.
- Direi che la cosa più urgente è fare ora una trasfusione, per cui signora se è sempre disponibile le chiedo di venire di là con me. Lei signor Crespi può scendere giù all’ambulatorio dove si effettuano i prelievi. –
- Mamma noi ti aspettiamo qui. –
L’improvvisa comparsa del medico aveva dato a tutti la possibilità di tornare a riprendersi dallo choc, di togliere apparentemente l’attenzione da tutto quello che avevano saputo.
Quella sera, la sera che sarebbe dovuta essere di vigilia alla grande festa, una famiglia intera era stata ridotta a brandelli.
Luisa dopo la donazione, accompagnata dai suoi figli era tornata a casa, ma aveva chiesto a Giovanni di non fare altrettanto.
Quella notte aveva bisogno di non saperlo presente in casa.
Troppe cose erano accadute in pochissimo tempo.
Tornata a casa, tutto era rimasto uguale, i festoni, la scritta augurale, le bottiglie di vino all’ingresso.
Ma tutto aveva il sapore della farsa, della rappresentazione di qualcosa ben lontano dalla realtà.
Chi era quell’uomo con cui stava da tanti anni?
Perché le aveva taciuto la sua relazione, l’ipotetico figlio, il ricatto? Cosa avevano realmente condiviso in tutti quegli anni? E quel ragazzo era veramente un nuovo fratello  per i suoi ragazzi?
Appena arrivata a casa aveva distrutto tutte le decorazioni.  I  figli avevano assistito in silenzio, dandole la possibilità di scaricare tutta la rabbia che sentiva dentro.
Poi l’avevano abbracciata e avevano pianto insieme.
- Mamma perché hai voluto donare il tuo sangue per quel ragazzo?- Petra era molto curiosa di capire il gesto di sua madre.
- Quando sarai madre anche tu, ti renderai conto che i figli sono al di sopra di tutto, che il loro benessere giustifica quasi qualsiasi azione…quasi non vuol dire tutto.- Era chiaro il riferimento al racconto che aveva ascoltato  dalla bocca di suo marito quella sera.
- Tu non lo conosci e per quello che ti ha detto papà perché preoccuparti per lui? – chiese  Francesco.
- Lui non è stato la causa volontaria di tutto quello che è accaduto, è anche lui una vittima degli eventi. Era rimasto solo e ha cercato un padre che ha pensato di scoprire nel vostro. Voi lo avete avuto e non potete negare che è stato un buon padre così come io non posso negare che è stato un buon marito. Ma  ha privato tutti noi della possibilità di scegliere se perdonare il suo errore, ha privato quel ragazzo di un padre e voi di un fratello.
Non  ci ha dato la possibilità di scegliere. Non ha voluto rischiare. Ha detto che ci amava troppo per poter anche solo pensare di perderci. In tutto questo l’unico che si è perso è stato lui. Io non so più chi sia vostro padre.-
A quel punto, con in mano ancora i festoni accartocciati, Luisa si era diretta verso la sua camera in silenzio.
Petra e Francesco non avevano più voglia di parlare, erano anche loro come svuotati di ogni energia andarono a riposarsi.
Quella notte Luisa non chiuse occhio. La metà del letto vuota accanto a lei parlava di un’assenza che era una condanna alla luce dei fatti, senza diritto di replica. Era questo che realmente desiderava?
Amava ancora Giovanni? Ma soprattutto, si poteva fidare ancora di lui? I segreti erano stati tutti svelati?
L’indomani mattina, in quello che doveva essere il giorno della grande festa, tutti e tre decisero di tornare in ospedale.
Il medico del reparto di terapia intensiva gli andò incontro.
- Buongiorno signora Crespi, il ragazzo dà segni di miglioramento. Lo teniamo ancora in coma farmacologico ma è fuori pericolo di vita. La trasfusione è stata provvidenziale. –
- Posso vederlo? So che possono entrare solo i familiari stretti ma vista la situazione…la prego- La richiesta sorprese molto i due ragazzi.
- Perché vuoi vederlo mamma?- chiede Petra
- Ho bisogno di farlo, non c’è un motivo particolare.-
- Potrà restare solo qualche minuto. – replicò il medico.
Luisa si preparò ed entrò nella stanza  del giovane. Si avvicinò a lui. Lo guardo attentamente alla ricerca di possibili somiglianze. Il ragazzo era collegato a vari macchinari e la stanza era in penombra, per cui non era facile leggere i suoi tratti.
Prese una sedia, si sedette vicino al suo letto e per un attimo immaginò di essere sua madre.
Che cosa avrebbe fatto al posto di quella donna? Le alternative erano diverse e certamente il ricatto non sarebbe stata la sua soluzione al problema. Daniela aveva avuto il suo bambino, lo aveva cresciuto da sola e sapendo che la propria vita stava per finire aveva cercato delle assicurazioni sul futuro per guadagnarsi una morte serena.
Chi aveva pagato il prezzo più grande? Tutti avevano pagato, ciascuno in modo diverso. Daniela aveva rinunciato al suo sogno d’amore , era stata ripudiata dalla famiglia e si era cresciuta da sola il suo bambino.
 Giovanni aveva deciso di non vedere suo figlio crescere per non perdere l’amore di lei e dei suoi figli tenendosi dentro quel grande segreto.
 I suoi ragazzi avevano ignorato l’esistenza di un fratello e Alessandro non aveva mai conosciuto suo padre.
Chi condannare e chi assolvere? Davanti a chi lotta per la vita, tutto diventa relativo. Non ci sono né vinti né vincitori. Si vive o  si muore.
Giovanni era stato un buon padre e un buon marito. Aveva avuto un momento di debolezza.
 Luisa ricordava quel periodo in cui aveva avuto i suoi due figli in tempi molto ravvicinati. Era sempre molto stanca e irritabile…Poteva essere un buon motivo per venire tradita?
Però Giovanni aveva scelto di restare con  lei.
 Perché non le aveva raccontato niente del ricatto? E ora  chi era quel ragazzo veramente quel sdraiato nel letto davanti al lei? Era fratello dei suoi figli? E  c’era uno spazio per lui nelle loro vite?
- Signora Crespi mi dispiace ma deve uscire.- Quella voce l’aveva riportata alla realtà.
Gli aveva donato il suo sangue, l’unico ad essere compatibile con quello del ragazzo.
Un segno del destino? Doveva accoglierlo come un figlio? Poteva condannare lui per gli errori fatti in questi anni da suo marito e da sua madre?
Uscita fuori dalla stanza trovò Giovanni nella sala d’attesa. Era evidente che anche  lui  non aveva chiuso occhio durante la notte.
- Ciao Luisa. Il dottore mi ha detto che sono pronti i risultati del test di paternità.
Vuoi venire con me a conoscere il risultato?- a quella richiesta i ragazzi si scambiarono occhiate perplesse e restarono ad aspettare la reazione della madre.
- Va bene Giovanni vengo con te. -
Arrivati alla sala referti, un giovane medico li stava aspettando. Prese la busta e lesse il risultato.
- Signor Crespi lei è il padre del ragazzo.- Giovanni si accasciò sulle ginocchia e iniziò a singhiozzare.
Adesso era sicuro di avere un altro figlio, un figlio che per avere la sua attenzione era quasi arrivato  ad uccidersi.
In silenzio ritornarono in sala d’attesa dove erano rimasti i loro figli e gli comunicarono l’esito del test.
Nessuno di loro riusciva a trovare le parole per esprime l’insieme delle emozioni che li attraversava.
Fu Luisa che prese la parola. Raccontò loro dei pensieri che aveva avuto quando si era trovata nella camera di Alessandro. Disse loro che in quella situazione era inutile cercare di ricondurre le colpe ai vari responsabili.
La vita doveva andare avanti. C’era un ragazzo che aveva bisogno di una famiglia e loro lo erano.
Dovevano inventarsi una famiglia nuova, tutto era da ricostruire, senza più segreti. C’era un figlio da accogliere, c’erano cose da spiegare e conoscenze da fare.
C’era anche bisogno di tempo, per perdonare e reinventarsi un rapporto.
Giovanni capì che per lui era arrivato il momento dell’attesa. Non gli era stata chiusa la porta, non era stato lasciato fuori, gli era stato chiesto di aspettare.
Il tempo cambia le cose, attutisce il dolore. Luisa chiedeva tempo a tutti a lei per prima.
Doveva imparare a fidarsi di nuovo di lui,  tornare a desiderare un abbraccio senza che brutti pensieri potessero annebbiare il suo slancio. Doveva accettare la presenza di un ragazzo che non conosceva ma  che era fratello dei suoi figli, anche se sarebbe sempre stato la prova tangibile del tradimento subito.
Era un nuovo inizio, c’erano speranze, l’amore era ancora presente in tutti loro, dovevano dare spazio al tempo perché cancellasse i segni di quella giornata che aveva sconvolto le loro esistenze.
Solo allora, probabilmente, ci sarebbero stati nuovi anniversari da festeggiare.


Miriam Bargagna 




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