15.2.12

Lettera a GREGORIO


Caro fratello,
ti scrivo oggi, dopo che sono trascorsi anni da quel giorno funesto in cui perdesti in modo definitivo le tue sembianze umane. La sera prima mi dicesti che le tue membra erano pervase da un pesante torpore, Gregorio, e la tua voce aveva un timbro insolito, anomalo. 

Avevi acceso un prestito di cinquantamila euro per tentare di risollevare le sorti della nostra famiglia. Eri sempre teso, angosciato per il terrore di non riuscire a pagare le rate. Non potevi mai permetterti neanche una pizza con gli amici. Dopo una lunga gavetta, avevi ottenuto un posto nel reparto operativo di una ditta di vigilanza, ma il tuo capo ti costringeva a ritmi serrati. Viaggiavi ogni giorno con l’auto della società, quella Opel Insignia che eri tanto orgoglioso di guidare e che ti avevano consegnato da poche settimane.
La mattina dopo non ti alzasti dal letto. Il tuo cellulare seguitava a squillare senza sosta. Era il manager della tua ditta che chiamò poi sul fisso per sapere che fine avessi fatto. Rischiavi il licenziamento: c’era già un altro pronto a soffiarti il posto. Io e la mamma pensammo che la sveglia non avesse suonato. Ci preoccupammo e bussammo alla tua porta ripetutamente. Il babbo no. Lo fece solo una volta, un suono unico secco minaccioso. Ma la tua porta non si aprì. Si schiuse dopo ore di rumori forti e strani pigolii. La prima a vederti fui io. Eri sdraiato supino sul tuo letto. O almeno, quell’enorme e spaventoso insetto, che al posto delle zampe aveva le tue gambe. Vidi le tue gambe moltiplicarsi in un’incalcolabile quantità di gambette fluttuanti. La tua metamorfosi completa avvenne sotto i miei occhi raggelati. La mamma era in cucina. Accorse dopo il mio urlo atterrito, ma mi parai di fronte a lei. Il babbo reagì in modo ostile, freddo, rigido. Ordinò di chiudere a chiave la tua porta e non permetterti più di uscire da lì dentro. Per un mese ti accudii, ma poi ti abbandonai. Questo non me lo perdonerò mai.

Una pomeriggio, la situazione precipitò. Avevo acceso la radio: c’era Vasco in sottofondo. Tu uscisti dalla tua cameretta, che era rimasta aperta, e strisciasti fino al soggiorno. Penso che tu sia stato irresistibilmente attratto dal tuo cantante preferito. Ma ti spingesti troppo oltre. Alla tua vista la mamma stramazzò al suolo perdendo i sensi e facendo svolazzare la vestaglia di flanella attorno alla sua figura massiccia. Io le sollevai la schiena con non poca fatica e le sistemai dei cuscini sotto la testa e le gambe. Tu, ti eri trascinato ai miei piedi. Forse anche tu preoccupato per la mamma, avresti voluto aiutare. Eri a un metro da me, i nostri occhi s’incrociarono. “Gregorio!” strepitai appena ti vidi. Mi allontanai come una furia col viso deformato dall’orrore. Il babbo batté con violenza le mani sul tuo PC, provocando un rumore sordo, e brandì una scopa. Se ne servì per respingerti nella tua stanza, colpirti. Ma le tue manovre per tornare indietro erano troppo lente. Muovevi confusamente le tue innumerevoli zampette. Il babbo in preda alla rabbia, ghermì un cd dalla scrivania, te lo scagliò con forza. Funse da lama. Ti ferì. Non contento, agguantò dalle mensole alcuni libri e te li lanciò; uno ti scivolò sulla dura corazza bruna e arcuata, ma il secondo ti prese in pieno la testa accecandoti dal dolore e facendoti sanguinare copiosamente. Ti accasciasti. Ma inaspettatamente, in un moto di ribellione, ti desti una spinta verso l’alto e ti impennasti sul babbo. Nostro padre ruzzolò in terra investito dal tuo corpo smisurato. I suoi occhi erano sbarrati le pupille dilatate boccheggiava e nel momento stesso in cui ti sfuggì debolmente l’ultimo respiro dalle narici, anche lui diede l’estremo rantolo.
Pensai perfino che la tua trasformazione in insetto non fosse che la realizzazione di un tuo desiderio recondito. Avresti potuto affrancarti dal peso insopportabile della tua famiglia, indebitata fino al collo a causa del dissesto finanziario provocato dal babbo, e dedicarti finalmente alla tua vita.

Ti chiedo perdono per il nostro disumano egoismo.
Addio Gregorio, dalla tua affezionatissima Greta.

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