11.4.12

La fabula



Eccoci dunque impegnati nell’esperienza della scrittura.
Il primo cimento è quello con la fabula.
Dobbiamo esporre, nello spazio massimo di una cartella, il percorso della storia che intendiamo raccontare riferendoci a un ordine esclusivamente  logico temporale. Il compito è quello di mostrare i fatti elaborati dalla nostra immaginazione semplicemente nel loro susseguirsi  lungo il filo del tempo.
Solo in un momento successivo decideremo le strategie da adottare per rendere più efficace e attrattiva la narrazione(flashback, uso della prima o della terza persona, punti di vista, dialogo/discorso indiretto).



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DI SEGUITO LE VOSTRE TRAME 

La via di fuga - RIGORE TRA I PAPAVERI di Francesco Demuro

Camillo Corsicano è un arbitro di calcio di buon livello (ma non di Serie A),
appassionato d’arte e di fotografia. In una recente vacanza a Parigi ha fatto delle foto
vietate al Musée d’Orsay, per ottenere delle riproduzioni da appendere in casa.
Solita domenica su un campo di calcio di provincia. In una partita che si avvia liscia
alla conclusione accade un episodio che susciterà qualche polemica: l’attaccante
della squadra di casa entra in area e quando arriva a tu per tu col portiere viene
sgambettato da un difensore: rigore. Per tutti, anche per gli avversari che si fermano,
ma non per l’arbitro, che guardando proprio i piedi dei due giocatori si accorge che
non vengono a contatto: fischia, ma ammonisce l’attaccante per simulazione, fra lo
stupore generale.
Qualche tempo dopo viene alla luce uno scandalo di partite truccate in Serie A,
che coinvolge anche diverse partite di Serie B e C, fra cui quella del rigore negato.
Viene citato anche quell’episodio e fatto il nome dell’arbitro. L’indagine si allarga, e
saranno tutti invitati a comparire davanti al p.m.
Camillo, sicuro della sua buona fede, è nauseato da un mondo dove è chi fa seguire
le regole e non si presta agli accordi sottobanco che viene emarginato e anzi, peggio,
messo alla berlina; ma soprattutto è preso dal panico immaginandosi problemi legali
e perquisizioni in casa che avrebbero potuto far venire alla luce il “peccatuccio” delle
foto vietate. Nella concitazione di far sparire dalle pareti le prove del suo “crimine”,
si sofferma su un particolare illuminante di un quadro di Monet, “I papaveri”, che lo
fa riflettere sull’episodio e su tutto ciò che ne è seguito.
L’”impressione” del dipinto gli fa mettere in discussione anche se stesso e il suo
modo di vedere le cose.
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La via di Fuga di Giovanna Manca

È l’undici settembre 2001, il commissario Alfredo Turci assiste insieme ai suoi sottoposti al crollo
delle torri gemelle, la sua ansia è ai massimi livelli, suo fratello lavora nella prima torre caduta
come un grissino sbriciolato. In caserma è il caos, telefoni che squillano in continuazione, compreso
il cellulare di Alfredo, che ogni cinque minuti risponde alla moglie dicendole che non ha notizie di
Andrea. Il commissario vuole staccare la spina almeno per qualche minuto, si rifugia nel suo
ufficio, dopo aver preso in mezzo a quella confusione, la registrazione dell’omicidio di una
prostituta sua amica di infanzia, non ancora visionata. Decide di dargli un’occhiata. La sua realtà
personale viene sconvolta per la seconda volta nello stesso giorno. Ciò che è davanti ai suoi occhi
gli pare impossibile. Si vede mentre strangola quella povera donna che si dimena sino a quando
l’ultimo respiro glielo permette. Buio totale nella sua mente, non può aver cancellato un fatto così
cruento, pensa, e poi lui voleva bene ad Anna, non le avrebbe mai fatto del male, ma allora perché?
Aveva sentito parlare di casi in cui l’omicida non ricordava il delitto commesso, ma lui aveva
sempre dei dubbi al riguardo. Nonostante i privilegi derivatigli dalla sua professione non riesce ad
avere notizie circa la sorte del fratello. Il mondo gli è crollato addosso, non sa cosa fare. Alle 20.00
di quel giorno maledetto torna a casa, tutto è pronto per la cena, in quella camera da pranzo arredata
in maniera spartana ma con oggetti di grande pregio: un tavolo e delle sedie, che sono delle vere e
proprie opera d’arte e in quanto tali, abbastanza scomode. Rebecca, la moglie di Alfredo lo accoglie
con la consueta mania ossessiva che la porta a parlare in continuazione, le chiede notizie del
fratello, fa mille congetture, lui subisce in silenzio, si siede , osserva i cibi, ne sente gli odori, ma
non ha fame. Di fronte a lui una parete semicircolare decorata con un affresco si offre in tutta la sua
bellezza, ritrae un bosco, lui lo osserva forse per la prima volta con attenzione, vorrebbe tanto
poterci entrare e perdersi in quella moltitudine di verdi, marroni, ocra, tutti i colori caldi della terra
sono presenti, lo avvolgono come un manto, come una madre che cerca di proteggere il proprio
figlio da una sciagura imminente, si rivede bambino insieme al fratello, due gocce d’acqua, nessuno
riusciva a distinguerli tranne la madre. Spesso approfittando del fatto che erano gemelli identici si
scambiavano i ruoli, questo ricordo lo fa trasalire, suo fratello era in città quando Anna era stata
assassinata, era suo ospite e proprio quella sera aveva preso in prestito i suoi vestiti come faceva
spesso. Ma perché lo aveva fatto? Era sempre stato innamorato di lei, ma lei amava Alfredo non
ricambiata, poteva essere questo un buon motivo per ucciderla? Il sollievo per aver capito di non
essere un assassino si mischia allo sconforto di ciò che ha appena scoperto. Il trillo del telefonino lo
fa sobbalzare, sente le urla isteriche della moglie che lo esorta a rispondere, quasi non riesce a
cliccare il tasto con l’icona della cornetta verde, dall’altro capo una voce sconosciuta gli dice che è
molto dispiaciuto ma deve informarlo che purtroppo il signor Andrea Turci è morto, si trovava
all’interno dell’edificio quando questo era crollato. Il commissario non riesce a capire quali
sentimenti deve provare alla notizia, non è capace di reagire, è come se tutto si sia fermato, come un
automa spegne il telefonino, dice alla moglie che deve uscire, prende con sé la registrazione, e in
meno di un’ora di macchina si reca nel bosco dove era solito andare con Andrea e li, per la prima
volta, commette un reato, brucia la registrazione.
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La via di fuga di Monica Solinas

Marito e moglie conducono una vita monotona, sulla scia di orari e avvenimenti scontati e
predeterminati del quotidiano.
Lei, ex aspirante critica d’arte, si ritrova in un matrimonio arido e senza scosse.
Lui, vice dirigente statale, si ritrova impelagato in un brutto affare ordito ai suoi danni da colleghi e
sottoposti, che mal sopportano la sua ansia di onestà e perfezione che fanno di un onesto burocrate,
una persona rigida, superba, schiva in senso negativo.
Nell’inganno è stato favorito il figlio della coppia nella sua attività privata e, all’apparenza, è stato il
padre a favorire certi suoi traffici illeciti.
La morsa si stringe e la polizia sta raccogliendo ogni elemento utile per l’incriminazione dell’uomo
che, come un’incaprettato, più si divincola e più si stringe nelle corde che ormai lo soffocano di
terrore, senza possibile via d’uscita.
Durante la cena lui si aspetta l’arrivo della polizia e mangia senza proferire parola.
La moglie lo guarda e, dopo un primo momento di indifferenza verso il pallore evidente, gli chiede
conto del suo stato.
Lui non risponde, apparentemente rapito dal quadro sulla parete di fronte che raffigura una caccia
alla volpe. In realtà egli si identifica nella preda che scappa, accerchiata dai cacciatori e priva ormai
di scampo.
Sarà poi la moglie che, scoperto tutto, si rianima dal suo torpore abituale e, ritrovata l’antica grinta
e capacità gestionale della sua vita, smonta le accuse ordite contro il marito e il figlio, riportando la
pace non senza rimettere in discussione i ruoli, suo e dei famigliari.
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La via di fuga di Mario Pinna


Luca è cresciuto tra gli stravizi di una delle più importanti famiglie di Conti di Roma. Ha studiato in giro per il mondo e grazie al suo carattere spigoloso e alle conoscenze dei genitori è arrivato quasi al vertice delle Casse Vaticane.
Con la moglie Greta vive in un appartamento che si affaccia su San Pietro messogli a disposizione in virtù del suo ruolo. Greta è una ribelle nata. Alla morte dei genitori, quando era ancora bambina, ha ereditato ville e palazzi tra Roma e New York. In questi trova rifugio nei momenti di crisi. Ma la dote più grande e tremenda l’ha avuta in dono dalla nonna, famosa sensitiva. Ha cominciato a sviluppare la sua extrasensorialità prevedendo la morte dei genitori e da quel momento non ha mai smesso di “sentire” ciò che gli sta intorno. Per combattere con il peso di queste sue facoltà, da ragazza, ha provato ogni genere di droga e ne è uscita, ancora più fragile, solo grazie alla nonna che è riuscita a salvarla “mostrandole” cosa sarebbe diventata se avesse continuato a farsi.
Greta e Luca si sono conosciuti in comunità e si sono uniti nella forte passione dei loro corpi ferriti. Col passare del tempo però la base caratteriale di entrambi ha ripreso il sopravvento e hanno ricominciato ad essere un vizioso arrogante e arrivista e una tigre ferita e in gabbia. Non si capiscono più fuori dal letto; solo qui, ogni incontro è una sorta di trance. È in questi momenti che lei sperimenta con violenza inaudita le sue visioni a volte svenendo, a volte picchiando Luca con gli occhi sgranati. In una di queste allucinazioni ha visto cosa ha fatto Luca. Sarà un crescendo di ossessioni e paure da parte di lei e di fughe e rifiuti di lui.
Giocherà un ruolo fondamentale per lo sviluppo psicologico di Luca uno dei “concetti spaziali” di Lucio Fontana. Lì, riuscirà a capire il suo passato e il suo futuro.
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La via di fuga di Rita Di Mattia - Il quadro


C’è un uomo che conduce la sua vita in bilico tra la felicità e l’infelicità.
« E allora?», diranno i tre lettori della fabula. « Non è questa la condizione di
ogni essere umano ?».
Certo. L’uomo, però, ritrova la sua felicità - o se i lettori preferiscono la sua
realizzazione - nel privato e non già, secondo le norme dei tempi, nel suo lavoro.
Ed è giunto ad un bivio.
L’uomo lavora in un affollato ufficio con competenza, sebbene quell’attività
non risponda alle sue attitudini e alle sue aspirazioni, e nasconde il suo conflitto
sotto un costante autocontrollo. Forse il suo conflitto è comunque evidente, forse
qualche suo atteggiamento segnala una crepa sulla quale si indirizzano atteggiamenti
prevaricatori.
Il clima di emarginazione ingigantisce l’ansia dell’uomo. C’è un crescendo di
tensione dal mobbing quotidiano ad un’accusa non pronunciata, ma sapientemente
agitata.
Nella vita dell’uomo c’è l’amore della moglie e per la moglie, coltivato con
dedizione reciproca. C’è anche un interesse vivo, e anch’esso condiviso, per la pittura
e nell’ interesse dell’uomo per l’arte un desiderio di evasione e di armonia.
Il ritrovamento fortunato di un quadro sembra esaltare questo desiderio e
condurlo alla realizzazione proprio nel momento di maggiore criticità nei suoi
rapporti con il mondo esterno.
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La via di fuga di Mavi Piga


Sembrava una sera come tante, tranquilla come tutti i venerdì che preludevano i weekend.
Maria preparava tranquillamente la cena, mentre l’uomo apparecchiava con calma.
Sembrava che nessuno avesse fretta, l’indomani si sarebbero alzati con comodo e quindi potevano
Rilassarsi un po’ di più.
Il tempo fuori non era dei migliori, il fine settimana sarebbe stato pessimo, così preannunciava il
Meteo. Ma anche lo stato d’animo dell’uomo non era migliore . Consumava la cena silenziosamente
L’uomo è tormentato da un pensiero angosciante.
Poche ore prima del rientro a casa era passato in ufficio per posare alcune carte, aveva trovato
Stranamente la porta aperta, a quell’ora gli impiegati erano già andati via e la sua segretaria gli
Aveva chiesto il pomeriggio libero. Provò a chiamare a turno i nomi dei suoi collaboratori. Nessuno
Rispose. Avanzò all’interno dello studio, la luce calda del tramonto ne illuminava gli spazi. Che
Strano che nessuno avesse abbassato le tapparelle. Ad un tratto notò per terra la sagoma di una
Persona immobile, si avvicinò e vide che il corpo in questione era quello di una donna, la sua
Segretaria. In un attimo si ritrovò in strada, era fuggito precipitosamente senza neanche rendersi
Conto di ciò che era successo. Ed ora che cosa sarebbe avvenuto, si domandava.
Aspettava da un momento all’altro l’arrivo delle forze dell’ordine, nel frattempo doveva stare calmo
pensare a quello che avrebbe dovuto dire. La moglie lo scrutava con attenzione, lo vedeva strano,
assorto nei suoi pensieri e mai avrebbe potuto immaginare il suo segreto.
Fra poco la loro vita sarebbe stata stravolta per sempre e lui doveva trovare ad ogni costo la via di
fuga.
Dopo cena l’uomo si spostò nel salotto, accese la televisione, con una certa ansia ascoltò il
telegiornale con la paura che la notizia potesse essere stata già diffusa.


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La via di fuga di Maggie S. Lorelli


Edward Eliot Blake è un professore di Storia dell’Arte del King’s College di Londra,
sposato con una curatrice d’aste e promotrice di eventi culturali di beneficienza.
Durante la cena, sua moglie lo informa del vernissage d’apertura di un’asta d’arte
moderna che si terrà il giorno dopo presso Bloomsbury House, pregandolo di
presenziare all’evento. L’uomo, sia pure senza entusiasmo, acconsente.

Mentre la donna descrive i dettagli dell’allestimento, la mente del professore è
attraversata da un pensiero che lo inquieta: l’uomo che era stato arrestato per
l’omicidio di una studentessa del King’s College, avvenuto qualche anno prima,
viene rilasciato, in seguito al ricorso alla Corte d’appello, per insufficienza di prove.
Salta fuori una mail scritta dalla studentessa e indirizzata al professor Blake dove
si allude a presunti abusi di autorità e subdoli ricatti a sfondo sessuale. Tuttavia al
momento l’identità del destinatario non è stata resa nota. Mentre sua moglie parla,
l’uomo ripercorre alcuni momenti della relazione con la studentessa, in cui emerge
la sua misoginia rabbiosa e il tentativo di giustificare a se stesso, colpevolizzando la
sfrontatezza della giovane, l’atto commesso quasi come una necessità. Urge trovare
una via di fuga, prima ancora che il suo nome e la sua buona reputazione vengano
infangati. L’uomo decide di rivolgersi ai suoi “confratelli” massoni, informandoli
dell’urgenza e della discrezione che la situazione richiede, chiedendo dei documenti
falsi.

Il quadro che l’uomo vede davanti a sé durante la cena, la Venezia di De Chirico, gli
dà spunto per una via di fuga che gli permetterà di ricominciare una nuova vita con
un’altra identità senza timore, grazie alla protezione massonica, di essere scoperto.

Nell’ultima scena, Elias Vacca si aggira per le calli veneziane animato da grande
leggerezza d’animo, libero di dedicarsi in piena libertà al suo culto per l’arte italiana.

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La via di fuga di Laura Niolu


Una pioggia torrenziale batte sulla vetrata del soggiorno. Martedì sera. Duilio Putzu, trentacinque
anni, dottore commercialista noto in città per professionalità onestà e integrità morale, siede al
tavolo, è tormentato, preoccupato, roso da un pensiero fisso. La settimana prima su La Nuova
Sardegna, questa notizia: una donna è stata uccisa, lui conosceva bene quella donna… inizialmente
si è parlato di suicidio ma poi gli investigatori hanno scoperto trattasi di omicidio. Il telefono
squilla: è la polizia. Maledizione. Il commercialista deve presentarsi e fornire un alibi. E’
terrorizzato. Elsa, sua moglie, siede di fronte a lui. Fuori, nel freddo invernale, la città. Lui la vede
dall’alto del sesto piano, assopita. I due mangiano un risotto agli asparagi, il preferito di Duilio,
ma oggi non riesce a buttarne giù nemmeno un boccone, al contrario beve birra, nella speranza
di trovare sostegno nell’alcol. Ma più beve più la sua angoscia cresce. La moglie gli si avvicina
zelante, come sempre, troppo zelante. Gli chiede che ha, parla a raffica. Duilio inizia a estraniarsi.
La voce alta e stridula di Elsa si attenua, fino a dissolversi.
L’attenzione di Duilio è calamitata da un quadro appeso alla parete di fronte ai suoi occhi: è un
paesaggio sfumato, molto sfumato. C’è un porto delle case sullo sfondo un campanile di mosaici
colorati, un sole tenue che si riverbera sui colori densi dell’acqua, alcune barche. Il mare man mano
prende a ondeggiare, le vele delle barche sono visibilmente sospinte dal vento. Lo scenario pare
concretizzarsi, dilatarsi. Tutto è reale, incredibilmente reale. Duilio all’improvviso si tuffa nel mare
e nuota, nuota per miglia e miglia, il contatto con l’acqua lo stacca da sé stesso, lo fa astrarre dalla
realtà.
Seguita a nuotare finché non scorge un balenottero nero dall’aria goffa: il dorso del battello è fuori
dell’acqua. Toh, un sommergibile! Pensa Duilio. Sulla vela spicca il numero identificativo NATO:
506. Si arrampica in plancia, la torretta non è sommersa, ci sale sopra scende a bordo attraverso
un portello. In plancia c’è il comandante. Il comandante prende il megafono e gli chiede che ci
fa in quella zona. Duilio però è già dentro, fa un gran freddo, il quadro dell'aria è completamente
ricoperto di brina. Gli spazi sono angusti, un odore fortissimo di nafta gli si infiltra nelle narici. Il
comandante chiama la sentinella in plancia e scende.
Duilio trova il personale di bordo tra motori tubi e valvole a mangiare una pizza preparata nel
microscopico cucinino. L’abbigliamento consiste di tuta stivaletti in pelle impermeabile ripiegati
sul polpaccio berretto di lana giacca con stemma dei sommergibilisti. Virginia, una donna
dell’equipaggio, lo tratta con complicità. Nel frattempo arriva il comandante. La donna gli presenta
Duilio: il capitano lo accoglie a bordo senza problemi. Duilio riconosce in lei un viso familiare,
ma ha come un’amnesia. Poi ricorda: è lei la donna strangolata che l’ha messo nei guai con la

giustizia. Virginia gli spiega la dinamica del delitto e il coinvolgimento della moglie. Elsa è andata
a casa sua con il pretesto di parlare. L’ha strozzata con il tirante della tenda perché a conoscenza
del tradimento. Il commercialista è salvo, la sua reputazione è salva. Se vuole può tornare. Decide
invece di restare e incominciare una nuova vita con l’amante.
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La via di fuga di Lella Pintus

Leonardo ha sposato Laura 18 anni fa. Lei era la sua vicina di banco all’università.
Il loro è un rapporto che ha subito varie trasformazioni contrastanti negli anni, senza mai approdare al benessere che proviene da una sana indifferenza.

Sua moglie aveva ammirato in Leonardo la grande passione per la  cultura filosofica, condividendo totalmente la sua concezione del significato della vita e il suo pensiero. Col tempo le affinità si sono quasi totalmente dissolte.

Hanno due figli gemelli di 17 anni: Cristina e Carlo.

Da qualche tempo Davide ha intrapreso una relazione con un’altra studentessa, questa volta è quella che siede in prima fila, il problema sta nel fatto che adesso lui sta in cattedra e.. non è previsto che l’insegnamento superi la porta della facoltà.
Non gli era mai successo prima, sebbene fosse al corrente di molte storie simili capitate ad altri suoi colleghi.
Due mesi prima, mettendo in atto una decisione meditata da qualche tempo, aveva caricato l’auto con le sue cose e si era trasferito in barca.
******
Oggi Laura è venuta in barca a trovare  Leonardo. Pranzano insieme parlandosi appena di cose pratiche che riguardano il futuro di entrambi, lui annuisce distratto, mormorando appena brevi risposte.
Improvvisamente tace del tutto, distratto da qualcosa.
Laura segue la traiettoria del suo sguardo.

C’è una fotografia sopra il divano dell’ambiente cucina della barca. E’ una foto in bianco e nero scattata vent’anni prima. Sei giovani ragazzi in piedi su una spiaggia, al centro ci sono loro due, lui ha le braccia intorno ai suoi fianchi, hanno un’aria felice e distratta.
Leonardo si perde nello sfondo della foto: quel mare con l’orizzonte più vasto che abbia mai visto.
******
Laura ricorda di aver portato la posta di Davide.
Gliela consegna.
Lui distoglie lo sguardo dalla foto e apre per prima una busta con lo stemma dell’università.

Nella lettera, il cui contenuto rileggerà infinite volte, gli viene comunicata la sospensione dall’insegnamento. Viene inoltre informato che l’ateneo si dichiara estraneo da qualsiasi conseguenza legale che il suo comportamento dovesse creare nel caso l’evento, di cui lui era ovviamente l’unico responsabile, avesse avuto seguito.
Intuisce che la storia con l’allieva sia divenuta di dominio pubblico.
Tuttavia ritiene che la sospensione sia esagerata, non essendo il primo caso del genere.
Scoprirà che la studentessa del primo anno con cui si divertiva a filosofare sotto le lenzuola era minorenne. Una precoce ragazza che all’età di diciassette anni, la stessa dei suoi figli, frequenta già l’università. 
*****
Al rientro dalla facoltà, dove riceve solo la conferma di quanto contenuto nella lettera Leonardo siede sul divano e ancora si perde osservando la stessa fotografia. Depresso e demoralizzato, annaspando nel turbamento dovuto alle sue azioni, medita di raggiungere l’orizzonte di quel mare in bianco e nero.
Si addormenta al timone del suo futuro. E l’orizzonte non è mai stato più vicino.
Troveranno la sua barca alla deriva una settimana dopo la sua scomparsa.
Del suo corpo non c’è traccia. Il comandante della capitaneria, il primo a salire sulla barca, raccoglie gli oggetti da consegnare alla moglie. Tra questi una foto in bianco e nero. Cinque ragazzi su una spiaggia. Due coppie abbracciate e una donna sola, al centro della foto, sorride.  
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La via di fuga di Giuseppe Borio
Nicholas McTaggart è un uomo preoccupato e
stanco.
E’ stanco di essere ammirato e amato come un monumento
nazionale, ed è stanco di avere una doppia vita ormai insostenibile,
per un uomo della sua età e con i suoi acciacchi.
Eppure è lì, seduto
in sala da pranzo, con il suo solito fare da nobiluomo scozzese, di
fronte a sua moglie Julie. Sta seduto, posato ed educato, a fissare il
suo pudding pomeridiano, mentre la sua mente vaga oltre i muri della
sala, oltre il portoncino della palazzina vittoriana e al di là delle
orecchie disattente degli abitanti del blocco, fino agli uffici della
Difesa. Stasera si decide il suo destino. Sì, perché Nicholas McTaggart
è ben altro che un idolatrato attore di teatro, tutto donne e jet set:
Nicholas McTaggart, quello vero, è un uomo schivo e profondo, abituato
alla sterminata solitudine della mente e ai silenzi che da essa
derivano. Nicholas McTaggart è un deserto sabbioso di dune geometriche
e tutte uguali, interrotte di tanto in tanto da colazioni ateniesi, all’
ombra di un Pantheon rubato e ormai nazista o da un tè aromatizzato ai
profumi di Istanbul. Questo è Nicholas McTaggart, un uomo le cui
giornate durano 48 ore: artista affermato per tutti, spia per Sua
Maestà.
Ma il suo mondo, così come la sua già incomoda facciata
pubblica, stanno per cambiare. In peggio.
Di recente ha dovuto
dimostrare la propria lealtà alla Corona eliminando una collega
doppiogiochista, una persona a lui talmente vicina da svolgere
perfettamente il ruolo dell’insospettabile doppia agente del Terzo
Reich. Una nota cantante e scrittrice di Portsmouth, la cui morte – per
arresto cardiaco – ha, vista la giovane età, insospettito da subito
stampa ed opinione pubblica.
Nicholas McTaggart sta per passare dallo
status di monumento nazionale a quello di uomo più odiato della
Nazione. La Difesa, sotto il peso dell’inchiesta, ritiene che il
sacrificio di un singolo uomo, valido ma in fondo non inestimabile, sia
un rischio affrontabile, rispetto alla possibilità di fughe di
informazioni e probabili pubblicazioni di dossier riservati e
potenzialmente devastanti per la tenuta del Governo.
Dal suo canto
anche Nicholas McTaggart si rende conto che, posta sul piatto della
bilancia, la sua vita – o meglio “le sue vite” – non costituiscano un
adeguato contrappeso per la Ragione di Stato.
Così attende e finisce
per perdersi nelle profondità di una vecchia foto scattata alcuni anni
prima in Egitto, mentre con alcuni amici sorseggiava un rinfrescante tè
alla menta.
Attende, quasi catatonico, mentre l’aria si fa sempre più
fredda e terribile.
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La via di fuga di Marianna Spanu

La via di fuga
E’ ora di cena, Aldo ed Elena siedono a tavola, ma non per mangiare.
Hanno appena litigato, un litigio furibondo, come sta accadendo ormai a ogni loro incontro, da qualche
giorno a questa parte. Ora stanno seduti in silenzio, ma nelle orecchie hanno ancora il rumore delle urla
e delle accuse che si sono lanciati addosso. Sentono di odiarsi, non capiscono nemmeno come possano
essere arrivati insieme fino a quel punto
Qualcosa si è rotto tra loro, in modo irrimediabile. Aldo è stato autore di un delitto, un delitto tremendo,
del quale Luisa è stata in parte testimone e quindi in qualche modo sua complice. Aldo è un giudice,
sa bene come vanno attribuite le colpe e le responsabilità. Ma in un caso come questo che li vede
protagonisti, non è l’attribuzione giudiziaria a definire la colpa, quanto piuttosto, inevitabilmente, la loro
partecipazione morale all’evento, la connivenza sostanziale che, seppure in continuo conflitto, li tiene
legati nella condivisione della colpa.
Di questo Elena non si da pace, non può perdonarsi né può perdonare. Finirà col parlare, pensa Aldo. Finirà
per denunciarlo e far scatenare uno scandalo. Del resto forse tutto è cominciato così, con Elena che voleva
la crisi per costringerlo in qualche modo a lasciare moglie e figli e sposare lei.
Aldo ricorda le discussioni di quasi un anno fa, si sente ancora soffocare al pensiero, se Elena gli avesse
dato retta non sarebbe accaduto niente di tutto quello che poi è accaduto e da cui è discesa la quasi
naturale necessità del delitto.
È solo questione di tempo, lui lo sa, Elena andrà in questura o dai carabinieri e racconterà tutto, e lui
…. Lui finirà sui giornali, infamato, circondato dallo scandalo e dal disprezzo generale. Lui, un giudice,
colpevole di un reato di tale gravità … .Sua moglie, i suoi figli, verranno additati da tutti, mormorii , voci
basse, sguardi maligni e sfuggenti, risolini, sghh … . è troppo, non riesce a stare fermo, vorrebbe alzarsi
e camminare avanti e indietro come fa in tribunale, prima delle udienze, quando riflette sul caso da
giudicare, vorrebbe fumare, anche se non ha mai fumato dentro casa, vorrebbe … , vorrebbe trovare una
soluzione.
Si infila un dito nel colletto della camicia che sembra stringere più del solito, si allarga un po’ la cravatta
ruotando la testa e lo sguardo, che poi trova riposo sul dipinto appeso alla parete di fronte. È la
riproduzione di una famosa marina, immersa nella nebbia, con un pontile che si proietta verso l’esterno
del quadro … si immagina camminare su quel pontile, ondeggiando sui lastroni di plastica forata che tanto
spaventavano Elena, gli sembra di ondeggiare anche lì, seduto a tavola, e in effetti, n modo minimo, quasi
impercettibile, comincia a far andare il tronco avanti e indietro come in un ostinato beccheggio. Chiude
gli occhi ed è là, su quel pontile, è là a ricordare e rivivere la scena del delitto, è là con Elena al suo
fianco che trema prima spaventata poi inorridita, è là che al termine del ricordo si gira verso Elena, là,
materialmente al suo fianco, e trova la risposta … Ecco la soluzione, ora sa, come risolverà la questione.
Gira lo sguardo intorno a sé e si stupisce di quello che vede intorno, come se lo vedesse per la prima volta
con gli occhi dell’anima. Sulle labbra ha un sorriso di soddisfazione.
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 La via di Fuga di Luisella Sassu

Kevin ha una modesta compagnia teatrale e lui stesso si esibisce come attore interpretando ruoli in spettacoli, destinati ad un pubblico di “nicchia”.
Quella sera si replica in un piccolo teatro di una città di provincia.
 Il sipario si apre, le note di una musica jazz accompagnano le movenze sensuali di una ragazza, che ostenta il corpo seminudo dalle fattezze marmoree. La mano del truccatore e del costumista hanno regalato a Iris, questo è il nome d’arte di Kevin,  sembianze femminili, degne di una grande star.
Manuel entra in scena, cinge la vita di Iris e la guida nel vortice di una danza erotica, che infiamma il pubblico presente. I due ora siedono al tavolino che troneggia al centro esatto del palco, mentre la musica cala di intensità per dare respiro al suono delle loro voci. Mangiano, bevono vino rosso, ridono, parlano e il dialogo, povero e ammiccante, rivela la leggerezza con cui vivono il vuoto delle loro esistenze.
La realtà supera la finzione e i ruoli interpretati da Kevin e Manuel rappresentano solo una maschera, dietro cui si cela una passione vera, fuori dagli schemi e dalle convenzioni sociali.
Il sipario si chiude, poi si riapre, le luci illuminano la sala e gli applausi arrivano rumorosi a salutare l’esibizione.
Iris stringe la mano di Manuel e lancia sorrisi verso il quadro, che ha davanti a sé, dove i personaggi hanno facce dai tratti confusi e indefiniti.
Kevin guarda la gente, gli appare diversa e uguale, colorata e opaca, sbavata e imperfetta e all’improvviso ha la sensazione di trovarsi di fronte ad una tela incompiuta, abbandonata da un pittore che ha perso gli strumenti del mestiere.
Kevin immagina di entrare all’interno di quella cornice, ridisegnare con pennellate della sua memoria profili e immagini, dare forma al suo futuro con colori nuovi.
Kevin sa di non poter procedere, se prima non ne cancella le  imperfezioni ed elimina la figura di quell’uomo che vede là, in piedi, nell’angolo a sinistra, fissarlo con aria minacciosa.
Iris gli tiene forte la mano, nota la sua espressione cupa e cerca di trascinarlo dietro le quinte.
Ma Kevin ha ormai perso il contatto con il presente e viaggia a ritroso lungo la strada, segnata dalla sua doppia esistenza
Rivede le esperienze del passato, le ragioni che lo hanno fatto cadere nella trappola, tesa da chi ha tentato il furto della sua personalità. Intravede anche il futuro in cui un burattino diventerà ribelle e troverà la via di fuga per riappropriarsi della sua identità.
 “Quei bastardi hanno le ore contate” pensa.
Adesso Iris si lascia guidare dalla mano di Manuel, che la conduce dietro il sipario.
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La via di fuga di Luca Dettori

Ignazio Poldo, impiegato al Ministero del Pesce Crudo, lavora come funzionario responsabile del settore Conta Lische. Conosciuto ai più come devoto allo stato, lavoratore instancabile, estremamente ligio al dovere, una mattina troverà sulla sua scrivania una confezione di gamberetti surgelati con allegato biglietto, in cui lo si accuserà di aver rubato la “matita delle grandi firme” dallo studio del Ministro e di aver con questa disegnato un paio di baffi corvini al ritratto dell'amata madre del ministro, che giganteggia e tutto osserva dal basamento dell'atrio del Ministero. Sconvolto ed incredulo per l'infamante accusa, Ignazio cercherà conforto e comprensione fra le braccia dell'anziana moglie, che non darà, però, il minimo peso alle sue esternazioni. Incompreso dagli affetti, in un crescendo di ansia e timore, suggestionato da una foto in b/n appesa alla parete, Ignazio perderà i sensi e si ritroverà bambino, una mattina di marzo, tra i banchi della quinta elementare. Il vivido ricordo della maestra coi baffi che dopo aver cercato di bacchettargli le mani con una stecca di legno tenta di bucargliele con una matita, riemergerà prepotente dall'inconscio e Ignazio nel suo sogno, ripercorrerà le ragioni di una vita insoddisfatta e costretta in rigidi schemi stabiliti da altri, e dai limiti, fino a quel momento, invalicabili.

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